Carlo Osvaldo Goldoni (Venezia, 25 febbraio 1707 – Parigi, 6 febbraio
1793) è stato un drammaturgo, scrittore e librettista italiano.
Goldoni è considerato uno dei padri della commedia moderna e deve parte della sua fama anche alle opere in dialetto veneziano.
Biografia
La casa veneziana di Goldoni, ora adibita a museo
Nacque a Venezia il 25 febbraio 1707, da una famiglia borghese di
origini modenesi (città da cui provenivano i nonni paterni). Trovatosi
in difficoltà finanziarie in seguito agli sperperi del nonno paterno
Carlo, il padre Giulio si trasferì a Roma per studiare medicina,
lasciandolo con la madre Margherita Salvioni. Pare non fosse riuscito a
conseguire la licenza di medico, ma divenne comunque farmacista;
esercitò la professione a Perugia, richiamando a sé tutta la famiglia.
Goldoni si formò dapprima con un precettore, quindi fu in collegio,
presso i gesuiti a Perugia e poi presso i domenicani di Rimini, infine
ancora con un insegnante privato, il domenicano Candini. Di questo
periodo è noto l'episodio della fuga da Rimini a Chioggia (dove nel
frattempo si erano trasferiti i genitori) al seguito di una compagnia di
comici.
Tornato con la madre a Venezia nel 1721, fece praticantato presso lo
studio legale dello zio Giampaolo Indric. Nel 1723 passò al collegio
Ghisleri di Pavia grazie a una borsa di studio offerta dal marchese
Pietro Goldoni Vidoni, protettore della famiglia, ma vi venne espulso
prima di concludere il terzo anno per essere l'autore di un'opera
satirica. Fu poi a Udine e a Vipacco al seguito del padre, medico del
conte Francesco Antonio Lantieri.
Ebbe così inizio un periodo piuttosto avventuroso della sua vita e, dopo
aver ancora seguito il padre in Friuli, Slovenia e Tirolo, riprese gli
studi a Modena. A Feltre elaborò le prime opere comiche, ancora in forma
dilettantesca (Il buon padre e La cantatrice). La passione per il
teatro caratterizzò la sua inquieta esistenza. Con l'improvvisa morte
del padre nel 1731, si dovette prendere carico della famiglia; tornato a
Venezia, tentò inizialmente di completare gli studi presso il collegio
Ghislieri di Pavia: venne tuttavia espulso, a causa di alcuni versi poco
encomiastici scritti per alcune fanciulle per bene della città.
Completò quindi gli studi a Padova, ed intraprese la carriera forense.
Nel 1734 incontrò a Verona il capocomico Giuseppe Imer e con lui tornò a
Venezia dopo aver ottenuto l'incarico di scrivere testi per il teatro
San Samuele, di proprietà Grimani. In questo periodo nacquero le prime
tragicommedie scritte dal neo-avvocato per questa compagnia a partire da
Il Belisario del 1734 fino al Giustino del 1738. Seguendo a Genova la
compagnia Imer, conobbe e sposò Nicoletta Conio. Con lei Goldoni tornò a
Venezia.
Nel 1738 Goldoni diede al teatro San Samuele la sua prima vera commedia,
il Momolo cortesan, con la parte del protagonista interamente scritta. A
Venezia, dopo la stesura della sua prima commedia interamente scritta,
La donna di garbo (1742-43), fu costretto a fuggire a causa dei debiti.
Continuò a lavorare nel teatro durante la guerra di successione
austriaca curando gli spettacoli di Rimini occupata dagli austriaci; poi
soggiornò in Toscana.
Goldoni non aveva abbandonato i contatti con il mondo teatrale: fu
convinto dal capocomico Girolamo Medebach a sottoscrivere un contratto
come scrittore per la propria compagnia che recitava a Venezia al teatro
Sant'Angelo. Nel 1748 torna a Venezia e fino al 1753 scrive per la
compagnia Medebach una serie di commedie, in cui, distaccandosi dai
modelli della commedia dell'arte, realizza i principi di una "riforma"
del teatro. A questo periodo appartengono L'uomo prudente, La vedova
scaltra, La putta onorata, Il cavaliere e la dama, La buona moglie, La
famiglia dell'antiquario e L'erede fortunata: qui, tranne nell'ultima,
emergono le polemiche sulla novità del teatro goldoniano e la rivalità
con l'abate Pietro Chiari, che lavora per il teatro San
Samuele.
Goldoni in Campo San Bartolomeo - Venezia
Realizza inoltre sedici commedie, tra cui Il teatro comico, La bottega
del caffè, Il bugiardo, La Pamela, tratta dal romanzo di Samuel
Richardson, Il giuocatore, La dama prudente, L'avventuriero onorato, I
pettegolezzi delle donne. L'attività per il Medebach continuò poi con Il
Molière, L'amante militare, Il feudatario, La serva amorosa, fino a La
locandiera e a Le donne curiose. Dopo aver rotto con il Medebach,
Goldoni assume un nuovo impegno nel 1753 con il teatro San Luca, di
proprietà Vendramin. Comincia quindi un periodo travagliato in cui
Goldoni scrive varie tragicommedie e commedie. Deve adattare i propri
testi innanzitutto per un edificio teatrale ed un palcoscenico più
grandi di quelli a cui era abituato, e per attori che non conoscevano il
suo stile, lontano dai modelli della commedia dell'arte: fra le
tragicommedie ebbe un gran successo la Trilogia persiana; tra le
commedie si possono ricordare La cameriera brillante, Il filosofo
inglese, Terenzio, Torquato Tasso ed il capolavoro Il campiello.
Goldoni a Firenze
Una targa su Palazzo Poli, a Chioggia, ricorda il periodo in cui lo
scrittore abitò nella città lagunare nella quale ambientò Le baruffe
chiozzotte
Tornato a Venezia, ebbe dei grandi risultati artistici con
Gl'innamorati, commedia in italiano e in prosa, con I rusteghi, in
veneziano e in prosa e con La casa nova e La buona madre. Nel 1761
Goldoni fu invitato a recarsi a Parigi per occuparsi della Comédie
Italienne. Vitale fu l'ultima stagione per il Teatro San Luca, prima
della partenza, ove produsse La trilogia della villeggiatura, Sior
Todero brontolon, Le baruffe chiozzotte e Una delle ultime sere di
carnovale.
Giunto a Parigi nel 1762, Goldoni aderì subito alla politica francese,
dovendo anche affrontare varie difficoltà a causa dello scarso spazio
concesso alla Commedia Italiana e per le richieste del pubblico
francese, che identificava il teatro italiano con quella commedia
dell'arte da cui Goldoni si era tanto allontanato. Goldoni riprese una
battaglia di riforma: la sua produzione presentava testi destinati alle
scene parigine e a quelle veneziane.
Goldoni insegnò l'italiano alla famiglia reale, alle figlie del re di
Francia Luigi XV a Versailles e nel 1769 ebbe una pensione di corte. Tra
il 1784 e l'87 scrisse in francese la sua autobiografia, Mémoires. La
rivoluzione francese sconvolse la sua vita e, con la soppressione delle
pensioni, in quanto concesse dal re, morì in miseria il 6 febbraio 1793,
19 giorni prima di compiere 86 anni. Le sue ossa sono andate disperse.
Monumento a Carlo Goldoni in Campo S. Bartolomeo a Venezia
I testi goldoniani sono sempre legati a precise occasioni teatrali e
tengono conto delle esigenze degli attori, delle compagnie, degli stessi
edifici teatrali cui è destinata la loro prima rappresentazione. Il
passaggio alla stampa modificava spesso i testi: l'autore si rivolgeva,
con le edizioni a stampa, ad un pubblico più vasto ed esigente rispetto a
quello che frequentava i teatri. L'opera di Goldoni è piena di
contraddizioni. L'intera opera goldoniana si offre come un'ininterrotta
serie di situazioni, si svolge attraverso un "quotidiano parlare". Il
linguaggio dei personaggi, intriso di dati concreti, si risolve tutto
nei loro incontri e si mostra indifferente alle tradizionali prospettive
letterarie e formali. Passando continuamente dall'Italiano al veneziano
e viceversa, Goldoni dà spazio a diversi usi sociali del linguaggio, in
base alle varie situazioni in cui vengono a trovarsi i personaggi delle
sue opere. Il suo italiano, influenzato dal veneziano e caratterizzato
da elementi settentrionali, è quello del mondo borghese, lontano dalla
purezza della tradizione classicistica toscana. Il dialetto veneziano
non è per Goldoni uno strumento di gioco, ma un linguaggio concreto e
autonomo, diversificato dagli strati sociali dei personaggi che lo
utilizzano.
La prima fase dell'opera goldoniana arriva fino al 1748, quando accettò
in maniera definitiva la professione teatrale: comincia a sperimentare e
confrontarsi con la commedia dell'arte. Goldoni, analizzando il ruolo
del genere comico, rivendica l'onore e la dignità dei comici e critica
la banalità delle convenzioni della commedia dell'arte. L'elemento
principale della riforma è il richiamo alla natura, che ti confronta
continuamente con la realtà quotidiana. La prefazione all'edizione
Bettinelli indica i libri essenziali della formazione goldoniana: quello
del "mondo", che gli ha mostrato gli aspetti naturali degli uomini, e
quello del "teatro", che gli ha insegnato la tecnica della scena e del
comico. Con la quarta fase, si presenta una disarmonia e
contraddittorietà tra "mondo" e "teatro". L'ultima fase, costituita
dall'esperienza francese, nasce tra parecchie difficoltà: non si ha più
riscontro dal mondo veneziano, che è stato l'ispirazione di Goldoni. La
sensibilità teatrale di Goldoni lo porta lontano dai principi della
riforma. In alcune sue commedie vi sono parecchi riferimenti alla
commedia dell'arte: la permanenza delle maschere e caricature e
deformazioni di comicità. Altre tracce si possono ritrovare in certi
intrecci e nella distribuzione delle scene. Goldoni scrisse anche
libretti melodrammatici, quindici intermezzi e cinquanta drammi giocosi:
tra questi L'Arcadia in Brenta, Il mondo della luna, La buona figliuola
musicata da Niccolò Piccinni.
Classi sociali
Carlo Goldoni, opera di Ulisse Cambi, Firenze
Egli fu conosciuto per il suo "illuminismo popolare", che critica ogni
forma di ipocrisia dando importanza alla classe sociale dei piccoli
borghesi. Goldoni aspira ad un pacifico mondo razionale, accettando le
gerarchie sociali, distinguendo i diversi ruoli della nobiltà, della
borghesia e del popolo. Conscio dei conflitti che possono sorgere tra le
varie classi, dando spazio nel suo teatro al conflitto tra nobiltà e
borghesia, secondo Goldoni, un uomo si può affermare indipendentemente
dalla classe cui appartiene, attraverso l'onore e la reputazione di
fronte all'opinione pubblica. Ogni individuo se onorato accetta il
proprio posto nella scala sociale e rimane fedele ai valori della
tradizione mercantile veneziana: onestà, laboriosità, ecc. Goldoni offre
l'immagine di una trionfante affermazione della missione teatrale, di
un sicuro proposito di riforma sostenuto da una spontanea gaiezza. La
sua figura appare come un'immagine che rappresenta cordialità,
disposizione al sorriso e alla gioia, disponibilità umana. Dietro
quest'immagine gaia, vi è un'inquietudine, scaturita dall'estraneità
dell'io narrante rispetto alle vicende, che si trasforma in un continuo
interrogarsi su se stesso e sul mondo, in una forma di inquieta
ipocondria. Per tutta la sua vita, Goldoni è alla ricerca di
legittimazione di se stesso, del proprio fare teatro: ciò converge con
il suo rifiuto di una tranquilla professione borghese. Non essendo nato
all'interno dell'ambiente teatrale e venendo da un contesto diverso, non
riesce ad accettare il teatro così com'è, ma cerca di riformarlo,
cercando di fondare un nuovo teatro onorato. Nel libro del Mondo,
Goldoni rivolge la propria attenzione sia ai vizi, che il suo teatro
vuole colpire e correggere, sia a qualità e virtù, da mettere in
risalto. Ogni opera di Goldoni contiene una sua morale, sottolineando
nelle premesse il ruolo pedagogico dei caratteri. Il teatro attinge dal
mondo riferimenti, spunti, allusioni e richiami alla vita quotidiana.
L'opera goldoniana racchiude tutta la vita della Venezia e dell'Italia
contemporanea, assumendo così la qualità di un modernissimo realismo. I
borghesi assumono il ruolo centrale tra le varie classi sociali sulle
scene goldoniane: nelle prime opere sono positivi, a partire dalla
figura di Momolo, "uomo di mondo". La maschera di Pantalone diventa
immagine delle buone qualità del mercante veneziano. I nobili appaiono
senza valori. I servi, conservando la schematicità della commedia
dell'arte, si segnalano per la gratuita intelligenza. Una commedia
esemplare è La famiglia dell'antiquario.
Pantalone
Il teatro e il mondo
Negli ultimi anni veneziani, le commedie cominciano ad andare in crisi.
Ecco che le figure dei servi assumono un nuovo spazio, muovendo critica
alla ragione borghese dei padroni. Il mondo popolare goldoniano, pieno
di purezza e vitalità - qualità assenti in quello borghese -, si regge
sugli stessi valori di quest'ultimo, ancora incontaminati. Per Goldoni,
una componente essenziale del mondo è l'amore. Questo sentimento
presente sui giovani nelle scene è subordinato a regole sociali e
familiari, sottostante alla reputazione e all'onore. La reticenza di
Goldoni sulle sue avventure amorose raccontate nei Mémoires è presente
anche nelle sue commedie. Per Goldoni il teatro ha una forte valenza
istituzionale, è una struttura produttiva, retta da principi economici
simili a quelli che regolano la vita del mondo. Questa forza porta la
commedia goldoniana al di là della naturale rappresentazione della vita
contemporanea. Goldoni ha una visione critica del mondo, in quanto turba
l'equilibrio dei valori della vita delle classi sociali rappresentate.
Tale visione va oltre le intenzioni dell'autore ed il modello della sua
riforma. Nelle scene goldoniane si ha la sensazione di un'insanabile
irrequietezza, che si sospende con il lieto fine tradizionale, sancito
dai soliti matrimoni. I rapporti di questo mondo sono soltanto
esteriori, sorretti dal principio della reputazione. Così Goldoni
anticipa alcune forme del dramma borghese ottocentesco. Il segreto del
comico goldoniano consiste nel singolare piacere del vuoto dello scambio
sociale, dell'estraneità tra i personaggi dialoganti e della crudeltà
di vita di relazione.
La riforma del Goldoni è il risultato di un'attenta osservazione delle
tecniche dei commediografi del suo tempo, verso il progressivo distacco
dalla Commedia dell'arte che dominava da oltre due secoli (fine del
Cinquecento - prima metà del Settecento).
Alla necessità di riformare la commedia molti avevano risposto con vari
espedienti quali la traduzione in italiano di commedie spagnole o
francesi. Spesso, però, come sottolinea Goldoni nella prefazione alla
prima raccolta delle sue commedie, il prodotto finale si discostava dai
“gusti delle Nazioni” in quanto, provenendo da un contesto estraneo, non
teneva conto dei costumi e dei linguaggi dei destinatari. “Mercenari
comici” per ovviare a tale difetto si impegnarono nell'alterare il
recitato tramite improvvisazioni mirate a sfigurare le commedie
d'origine, in modo che “più non si conobbero per Opere di que' celebri
Poeti”. Nel popolo, però, regnava il malcontento.
Gli scrittori barocchi e soprattutto i marinisti, così, avevano tentato
di introdurre innovazioni quali “macchine”, “trasformazioni”,
“decorazioni”, musica, canto, danza, pantomima, acrobazia, e persino
gioco di prestigio. L'inserimento di intermezzi musicali era sembrato
inizialmente una soluzione efficace, lo stesso Goldoni ne aveva fatto
uso in la Pupilla, la Birba, il Filosofo, l'Ippocondriaco, il Caffè,
l'Amante Cabala, la Contessina, il Barcaiuolo, ma “non tardò l'Uditorio a
sentire quanto poca relazione colla Commedia abbia la Musica”. È
proprio confrontando le soluzioni dei vari commediografi che Goldoni
riesce a cogliere che il successo di una rappresentazione risiedeva in
“alcuni gravi ragionamenti ed istruttivi, alcun dilicato scherzo, un
accidente ben collocato, una qualche viva pennellata, alcun osservabil
carattere, una dilicata critica di qualche moderno correggibil costume”,
ma soprattutto ciò che più allettava il pubblico era il ricorso al
semplice ed al naturale.
Come egli stesso ricorda, queste intuizioni non significarono
immediatamente il successo delle sue opere: “Quando si studia sul libro
della Natura e del Mondo, e su quello della sperienza, non si può per
verità divenire Maestro tutto d'un colpo; ma egli è ben certo che non vi
si diviene giammai, se non si studiano codesti libri”.
“Sebben non ho trascurata la lettura de' più venerabili e celebri
Autori, da' quali, come da ottimi Maestri, non possono trarsi che
utilissimi documenti ed esempli: contuttociò i due libri su' quali ho
più meditato, e di cui non mi pentirò mai di essermi servito, furono il
Mondo e il Teatro”.
Dall'analisi del primo Goldoni coglie naturalmente le peculiarità di
vari individui, analizzando allo stesso tempo “i segni, la forza, gli
effetti di tutte le umane passioni”. Gli si presentano, così,
avvenimenti curiosi e situazioni che sottolineavano i vizi ed i difetti
di ognuno. Come egli stesso evidenzia, si trattava di acquisire la
consapevolezza di quel materiale degno della “disapprovazione o della
derisione de'Saggi”. Osservare il reale allora consentiva anche di
apprendere dai virtuosi quali fossero i mezzi con i quali la virtù
resisteva alla corruzione dei costumi.
Dall'analisi del secondo, invece, comprende come rappresentare sulla
scena i caratteri, le passioni e gli avvenimenti che il libro del Mondo
gli mostrava. Apprende quindi le tecniche per ombreggiare o dare rilievo
alle diverse situazioni, destando la meraviglia o il riso. Il connubio
naturalezza e buon garbo risultavano la formula vincente per generare
nel cuore dello spettatore “quel tal dilettevole solletico” che nasce
dall'aver riconosciuto come propri i comportamenti descritti, senza
offendere. Il Teatro, inoltre, in particolare tramite la messa in scena
delle sue Commedie, gli consente di conoscere il gusto del pubblico e
dunque di regolare il suo gusto su quello di coloro che deve soddisfare.
Nonostante le critiche che possono essere da tale atteggiamento
generate, egli ricorda che “convien lasciar padrone il Popolo egualmente
che delle mode del vestire e de' linguaggi”.
“La natura è una universale e sicura maestra a chi l'osserva”. Proprio
perché la commedia è frutto di osservazione ed analisi
l'improvvisazione, corredata dal semplice “canovaccio”, è sostituita da
un dettagliato copione.
Goldoni, così, animato dall'amor di verità, abbandona la scrupolosa
unità del luogo o quelle che definisce “stiticità”, come l'imposizione
di impedire che più di quattro personaggi parlino in una medesima scena.
Inevitabile è il ripudio della Commedia dell'arte e dell'imitazione
degli antichi. Ne consegue il rifiuto di personaggi fissi stereotipati e
di intrecci quasi obbligati. Scomparse le maschere, nacquero i
caratteri e gli eventi ispirati alla vita semplice e modesta, borghese o
popolana.
Il linguaggio stesso è ora teso a soddisfare la materia trattata ed il
suo contesto, è dunque non più barocco, ma quotidiano, parlato e
dialettale.
Solo uno stile semplice, naturale, non accademico od elevato può
consentire ai sentimenti di esser veri, naturali, non ricercati ed alla
portata di tutti. “Questa è la grand'Arte del Comico Poeta, di
attaccarsi in tutto alla Natura, e non iscostarsene giammai”.
Innovare significa, però, scontrarsi contro la tradizione, perciò
Goldoni fu oggetto di numerose critiche, provenienti in particolare
dagli accademici e conservatori del suo tempo. A questi che lo
definivano plebeo, volgare, triviale Goldoni risponde che “Coloro che
amano tutto all'antica, ed odiano le novità, assolutamente parmi che si
potrebbono paragonare a que' Medici, che non volessero nelle febbri
periodiche far uso della chinchina per questa sola ragione, che
Ippocrate o Galeno non l'hanno adoperata”.
Le stesse critiche sono per il commediografo una vittoria, il
realizzarsi di un suo intento: “se quelli che o due o tre anni fa
sofferivano sul Teatro improprietà, inezie, Arlicchinate da mover nausea
agli stomachi più grossolani, son divenuti al presente così dilicati,
che ogn'ombra d'inverisimile, ogni picciolo neo, ogni frase o parola men
che toscana li turba e travaglia, io posso senza arroganza attribuirmi
il merito d'aver il primo loro ispirata una tal dilicatezza col mezzo di
quelle stesse Commedie che alcuni di essi indiscretamente,
ingratamente, e fors'anche talvolta senza ragione si sono messi, o si
metteranno a lacerare”.
Opere
Per approfondire, vedi la voce Elenco delle opere di Carlo Goldoni.
Le tragicommedie
Nel 1734 inizia la vera carriera teatrale di Carlo Goldoni, come lui
stesso ha testimoniato non poteva entrare nello spettacolo come guitto
anche per il rispetto delle "sue vestimenta", allora iniziò con un
genere ibrido, ma nel Settecento molto gradito, che era la
tragicommedia. Proprio l'incontro con la Compagnia di Imer Goldoni poté
accedere al vasto repertorio delle tragicommedie dell'arte che la
compagnia metteva in scena in genere per mettere in burla storie
tragiche d'ambito antico o pastorale attraverso i lazzi degli zanni. Il
giovane Goldoni giunto al teatro con idee rivoluzionarie non poteva
tollerare che quest'insieme di lazzi slegati dalla trama, che servivano
soltanto a mettere in luce i vari talenti degli attori, desse un effetto
così disorganico alla storia rappresentata da farla sparire tra i lazzi
e le buffonerie.
Goldoni iniziò un ampio lavoro di ripulitura con la sua prima tragicommedia Il Belisario che fu un vero e proprio trionfo scenico per Goldoni, ben 40 rappresentazioni continuative soltanto nel carnevale del 1734, mai nessun'altra opera di Goldoni avrà un successo così unanime, Venezia aveva scoperto un giovane talento. Dopo Il Belisario Goldoni mise in scena altre tragicommedie riformate come Don Giovanni Tenorio, Il Rinaldo, Giustino e varie altre prima di iniziare la sua carriera di commediografo. Ma la sua inclinazione alla tragicommedia dopo il periodo della commedia riformata si fece di nuovo impellente e nacquero tragicommedie romanzesche come la Trilogia Persiana nata anche per tamponare gli attacchi dell'Abate Chiari, ma anche tragicommedie già di stampo pre-illuminista come La Peruviana e La Bella selvaggia.
Le prime tre commedie
Nel 1738, Goldoni scrisse la sua prima commedia, Il Momolo cortesan, Il
Momolo sul Brenta e Il mercante fallito. Ristampate successivamente con i
titoli: Uomo di mondo, Il prodigo, La bancarotta. Tali commedie
costituiscono un concreto tentativo di regolamentazione della commedia.
Le prime tre commedie contenevano parti recitate "a soggetto", ma con
limitazioni sempre più forti e parti scritte, nel tentativo di educare
sia gli attori professionisti, sia il pubblico generico ad una commedia
di carattere e di costume regolamentata nella sua forma.
Tali commedie, in un secondo tempo, furono riscritte per intero. La donna di garbo, del 1743, è la prima commedia scritta in ogni sua parte e con veri caratteri. Nonostante il successo della nuova commedia, il Goldoni, nel 1745, con Il servitore di due padroni, tornò al compromesso tra parti scritte e "a soggetto" ed alle maschere della commedia dell'arte, pur mantenendo l'apertura sulla realtà.
Anche nella redazione completamente scritta del Servitore di due padroni
(1753) il Goldoni conserva l'essenzialità della forma originale che
sfrutta l'azione mimica e scenica, traducendola in un dialogo
rapidissimo in cui le parole indicano il movimento, recuperando il
meglio della commedia dell'arte per riproporlo nella commedia scritta
organica nel suo ritmo di scena e nello studio sociale e personale dei
caratteri dei personaggi.
La putta onorata e La buona moglie
Nel 1748 scrisse La putta onorata e La buona moglie (continuazione della
precedente) in cui compare un maggior impegno morale e sentimentale (a
tratti lievemente retorico). Nelle due commedie la realtà è essenziale e
meno pittoresca e supera decisamente il leggiadro gioco scenico del
Servitore di due padroni.
La famiglia dell'antiquario
L'equilibrio è raggiunto ne La famiglia dell'antiquario (1749) in cui la
situazione è ben determinata e ricca di riferimenti alla vita
contemporanea (urto fra generazioni, tensione fra suocera e nuora di
differente estrazione sociale: la giovane, figlia di un ricco mercante e
la matura dama orgogliosa e sprezzante. La linea secondaria è giocata
sulle figure dello sciocco antiquario e del suo servo truffatore). Tra
il 1749 ed il 1750, Goldoni precisò la propria poetica e difese la
propria consapevole opera di riforma.
Il Teatro Comico e le sedici commedie
Il teatro comico, fu la prima delle sedici nuove commedie promesse
all'impresario Gerolamo Medebach per il 1750. Ne Il bugiardo e ne La
bottega del caffè il personaggio centrale è messo in evidenza dalla
coralità dei personaggi minori che ne sottolineano la caratterizzazione.
Le altre commedie del 1750 sono invece più ripetitive, farsesche o
improntate a ricordi autobiografici.
La bottega del caffè
Quest'opera delinea il ritratto di una piazzetta veneziana, animata
dalla presenza di una bottega di caffè e di altri locali che permettono
ai personaggi un vivace gioco di entrate e di uscite. Questo movimento
assume un significato opposto per i due personaggi principali: il
caffettiere Ridolfo, uomo onorato, ed il nobile spiantato don Marzio. La
vicenda si conclude con la vittoria del bene e l'espulsione di don
Marzio dalla scena.
La locandiera
Il capolavoro degli anni fra il 1750 ed il 1753, e forse la sua opera
più famosa, è La locandiera. Mirandolina, esuberante, complessa,
affascinante, sempre lucida e sincera, capace di autocontrollo, domina
la commedia superando ogni ostacolo per fare a proprio modo, badare ai
propri affari di locandiera, assicurandosi tranquillità, agi,
reputazione e libertà, senza andare in sposa ai tanti uomini rimasti da
lei affascinati. Gli altri personaggi, più semplici, ma ben individuati,
fanno risaltare la figura della protagonista. La locandiera chiude una
fase dell'arte goldoniana.
La finta ammalata
Come La locandiera, ripropone l'immagine della donna pronta a finzioni
di ogni sorta pur di concentrare l'attenzione su di sé. In questo caso
l'ironia goldoniana diviene satira e si rivolge contro la medicina.
Le tragedie romanzesche [modifica]
Il Goldoni, in concorrenza con il Chiari produsse alcune tragedie
romanzesche in versi, di tipo letterario ed accademico, anche se i
risultati più felici del periodo sono le commedie, soprattutto Il
campiello (in settenari più endecasillabi) del 1755, denotato dal
realismo borghese, anche se eccessivamente pittoresco e dispersivo.
Il campiello
Commedia corale che narra i diversi momenti della vita quotidiana del popolo in una piccola piazza veneziana.
Gl'innamorati
Con Gl'innamorati del 1759, si apre un nuovo periodo in cui il Goldoni
approfondisce le sfumature psicologiche che ruotano intorno
all'inquietudine d'amore che turba l'idillio smorzando la linea
apertamente comica. La gelosia tra Eugenia e Fulgenzio (i due giovani
protagonisti) è il motore dell'opera. Ricca di situazioni comiche
tipiche della commedia dell'arte il testo non risparmia critiche alla
società, mettendone in risalto la mediocrità e le ipocrisie, attraverso
la caratterizzazione degli altri personaggi.
La Trilogia della villeggiatura e i temi dominanti
Il tema dell'inquietudine, dell'amore, della gelosia è ampliato da
Goldoni nella Trilogia della villeggiatura (Le smanie per la
villeggiatura, Le avventure della villeggiatura, Il ritorno dalla
villeggiatura), assai impegnativa per impianto, azione e temi. Nella
trilogia l'amore rischia di travolgere l'onore e le norme morali.
Goldoni rappresenta un nucleo familiare messo in pericolo dalla passione
amorosa e dalla dissipazione economica, causata dal fatuo desiderio di
ben figurare in società, a cui oppone una saggezza concreta e la
consapevolezza dei propri limiti economici e della propria condizione
sociale, in una complessa struttura di situazioni, comportamenti,
caratteri, ambienti, rappresentando così l'evoluzione del sentimento
amoroso, in un crescendo passionale, riportando poi la situazione nei
limiti del buon senso.
Le commedie di ambientazione veneziana
Tra il 1760 ed il 1762, Goldoni scrisse alcune commedie di ambientazione
veneziana che costituiscono dei veri capolavori: I rusteghi (1760), La
casa nova (1760), Sior Todero brontolon (1762), Le baruffe chiozzotte
(1762) e Una delle ultime sere di carnovale (1762). In tali commedie,
l'esperienza artistica di Goldoni è ormai matura nel rappresentare, con
misura ed acume, lo scontro tra generazioni e tra caratteri e la ricerca
di un ordine improntato ad una ragionevole moralità. In queste grandi
commedie di carattere e di ambiente la realtà si concretizza, i
caratteri si precisano.
I rusteghi
È una commedia in dialetto veneziano. Fu rappresentata per la prima
volta a Venezia al teatro San Luca verso la fine del carnevale del 1760 e
pubblicata nello stesso anno. Rappresenta il piccolo e sereno mondo
borghese composto da quattro vecchi rustici, ostili al presente e legati
agli antichi valori del mondo mercantile. In contrapposizione, un
gruppo di donne e di giovani che sentono il richiamo del presente, della
gioia di vivere e della felicità, rappresentato dal carnevale. Tutto è
giocato sul conflitto generazionale, che vede il trionfo dei giovani.
La casa nova
Commedia perfettamente equilibrata ed elegante dove emerge la profonda
simpatia del Goldoni per i personaggi comuni ed antieroici. Anzoletto,
giovane borghese preda di una forte crisi economica, ha una sorella,
Meneghina, e una moglie, Cecilia, che si scontrano violentemente; tutta
la scena è giocata sui due piani di un palazzo, nel quale convivono due
abitazioni borghesi.
Le baruffe chiozzotte [modifica]
Goldoni presenta la vita dei pescatori di Chioggia, i loro amori, i loro
problemi quotidiani, i loro scontri e le loro tenerezze; l'esatta
imitazione della natura si regge qui sull'uso dello stesso dialetto di
Chioggia e si anima di un'intensa nostalgia: segna il trionfo del popolo
minuto, delle sue tradizioni, del suo linguaggio fatto di battute brevi
e semplici, solo apparentemente casuali, nel giro arioso di
pettegolezzi che si addensano in tempesta fino al prorompere della
baruffa fra le donne.
Il ritorno forzato alla recitazione a soggetto
A Parigi il Goldoni fu costretto, dall'identificazione francese della
commedia italiana con la farsa e l'intreccio puro, a tornare alla
recitazione a soggetto e a ripercorrere il processo di rinnovamento già
attuato in Italia, tornando al compromesso tra parti scritte e a
soggetto, ripresa delle maschere e forte gioco d'intreccio con effetti
grotteschi e facili caricature, equivoci, sorprese.
Il ventaglio
In tale ambito nacque Il ventaglio, opera di singolare finezza
compositiva, che nel 1764 fu totalmente scritta in italiano ed inviata a
Venezia per essere rappresentata. Nella commedia l'azione si
materializza nel ventaglio che passa di mano in mano e si risolve nel
fragile fuoco d'artificio di brevissime battute. La commedia veneziana,
scritta a Parigi, segna l'abbandono da parte del Goldoni del teatro dei
comici italiani in Francia.
Due commedie in francese
Solo nel 1771 e nel 1772, Goldoni tornò al teatro, con due commedie in
francese: Le bourru bienfaisant e L'avare fastueux, dignitose ma grigie.
I libretti
La città e l'anno si riferiscono alla prima rappresentazione.
Libretti per opere serie: Amalasunta (composto nel 1732 e successivamente bruciato dall'autore)
Gustavo I, re di Svezia (musicato da Baldassarre Galuppi, 1740)
Oronte, re de' Sciti (musicato da Baldassarre Galuppi, 1740)
Statira (musicata da Pietro Chiarini, 1741)
Libretti per opere giocose:
La contessina (revisione di Marco Coltellini, musicato da Florian
Leopold Gassmann e Filippo Maria Gherardeschi, 3 settembre 1770,
Mährisch-Neustadt)
Il filosofo di campagna (musicato da Baldassarre Galuppi, 26 ottobre 1754, Venezia)
La buona figliuola (musicato da Egidio Romualdo Duni, 1756; musicato da Niccolò Piccinni, 6 febbraio 1760, Roma)
La buona figliuola maritata (musicato da Niccolò Piccinni, 10 giugno
1761, Bologna; musicato da Johann Gottfried Schwanenberger, 1764,
Brunswick)
Il festino (musicato da Antonio Ferradini, 1757)
Il viaggiatore ridicolo (musicato da Antonio Maria Mazzoni, 1756)
Vittorina (musicato da Niccolò Piccinni, 1763)
Il re alla caccia (musicato da Baldassarre Galuppi, 1763)
I volponi (compositore sconosciuto, 1777)
Il mercato di Malmantile (musicato da Domenico Fischietti, 26 dicembre
1757, Venezia; musicato da Domenico Cimarosa come La vanità delusa,
primavera 1784, Firenze; musicato da Nicola Antonio Zingarelli come Il
mercato di Monfregoso, 22 settembre 1792, Milano)
La calamità de' cuori (musicato da Baldassarre Galuppi, 26 dicembre 1752, Venezia)
Il mondo della luna (musicato da Baldassarre Galuppi, 29 gennaio 1750,
Venezia; musicato da Franz Joseph Haydn, 3 agosto 1777, Esterháza;
musicato da Giovanni Paisiello, 24 settembre 1783, San Pietroburgo)
L'arcadia in Brenta (musicato da Baldassarre Galuppi, 14 maggio 1749, Venezia)
Il mondo alla roversa ossia Le donne che comandano (musicato da Baldassarre Galuppi, 14 novembre 1750, Venezia)
Il paese della cuccagna (musicato da Baldassarre Galuppi, 7 maggio 1750, Venezia)
Il conte Caramella (musicato da Baldassarre Galuppi, 18 dicembre 1749, Verona)
Le nozze (musicato da Baldassarre Galuppi, 14 settembre 1755, Bologna; musicato da Giuseppe Sarti, 14 settembre 1782, Milano)
Gli uccellatori (musicato da Florian Leopold Gassmann, 1759, Venezia)
Arcifanfano, re de' matti (musicato da Baldassarre Galuppi, 27 dicembre
1749, Venezia; musicato da Carl Ditters von Dittersdorf, 1º maggio 1774,
Johannisberg)
L'isola disabitata (musicato da Giuseppe Domenico Scarlatti, 20 novembre 1757, Venezia)
Il negligente (musicato da Vincenzo Legrenzio Ciampi, 1749, Venezia)
I bagni d'Abano (musicato da Baldassarre Galuppi e Ferdinando Bertoni, 1753, Venezia)
Le virtuose ridicole (musicato da Giovanni Paisiello, 21 gennaio 1764,
Parma; musicato da Bernardo Ottani, Carnevale 1769, Dresda)
Il finto principe (compositore sconosciuto, 1749, Venezia)
L'astuzia felice (musicato da Filippo Maria Gherardeschi, 1767, Venezia)
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (musicato da Vincenzo Legrenzio Ciampi, 27 dicembre 1748, Venezia)
I portentosi affetti della madre natura (musicato da Giuseppe Domenico Scarlatti, 11 novembre 1752, Venezia)
Lucrezia romana (compositore sconosciuto)
Buovo d'Antona (musicato da Tommaso Traetta, 27 dicembre 1758, Venezia)
Le donne vendicate (musicato da Gioacchino Cocchi, Carnevale 1751, Venezia)
La mascherata (musicato da Gioacchino Cocchi, 27 dicembre 1751, Venezia)
Le pescatrici (musicato da Ferdinando Bertoni, 26 dicembre 1751,
Venezia; musicato da Franz Joseph Haydn, 16 settembre 1770, Esterháza)
La donna di governo (musicato da Domenico Fischietti, autunno 1763, Praga)
La fiera di Sinigaglia (musicato da Domenico Fischietti, Carnevale 1760, Roma)
Il talismano (musicato da Antonio Salieri, 10 settembre 1788, Vienna)
Il Tigrane (revisione del libretto di Francesco Silvani La virtù
trionfante dell'amore, e dell'odio, musicato da Giuseppe Arena, autunno
1741, Venezia; musicato da Christoph Willibald Gluck, 9 settembre 1743,
Crema; musicato da Daniel Dal Barba, Carnevale 1744, Verona; musicato da
Giovanni Battista Lampugnani, 10 maggio 1747, Venezia)
Lo speziale (musicato da Vincenzo Pallavicini e Domenico Fischietti,
Carnevale 1755, Carnevala; musicato da Franz Joseph Haydn, 28 settembre
1768, Esterháza)
La cascina (musicato da Giuseppe Scolari, 27 dicembre 1755, Venezia)
La ritornata di Londra (musicato da Domenico Fischietti, 7 febbraio 1756, Venezia)
Il signor dottore (musicato da Domenico Fischietti, autunno 1758, Venezia)
Amor contadino (musicato da Giovanni Battista Lampugnani, 12 novembre 1760, Venezia)
L'amore in musica (musicato da Antonio Boroni, 15 ottobre 1763, Venezia;
musicato da Carl Ditters von Dittersdorf, 1768, Großwardein)
La cantarina (musicato da Baldassarre Galuppi, 28 febbraio 1756, Roma)
L'amore artigiano (musicato da Florian Leopold Gassmann, 26 aprile 1767,
Vienna; musicato da Carlo Canobbio, 1785, San Pietroburgo)
La notte critica (musicato da Florian Leopold Gassmann, 5 gennaio 1768, Vienna)
Libretti revisionati di altri autori:
Griselda (scritto da Apostolo Zeno, musicato da Antonio Vivaldi, 18 maggio 1735, Venezia)
Critica goldoniana
Questa voce o sezione sull'argomento teatro non cita alcuna fonte o le fonti presenti sono insufficienti.
Commento: I commenti non sono errati, ma di quanto affermano gli
studiosi vi è un necessario bisogno di riferimenti certi, che mancano
nella totalità dei casi. Inserire bibliografia e citazioni.
Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili
secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Segui i suggerimenti del
progetto di riferimento.
I pregiudizi
Due sono i pregiudizi principali che hanno sempre pesato sulla critica goldoniana:
il primo è di natura estetica: l'autore teatrale, cioè, non viene
ritenuto degno di produrre vera letteratura (un pregiudizio questo che
in verità ha pesato per tanti anni su tutta la produzione teatrale
italiana), negando quindi ogni valore poetico alla sua opera.
il secondo è di natura ideologica: Goldoni, in quanto “copiatore” della
natura, viene considerato soltanto come un piccolo bonario moralista,
disconoscendone quindi il carattere rivoluzionario.
Il primo pregiudizio troverà il suo massimo espositore in Benedetto
Croce, mentre il secondo verrà affermato da Francesco De Sanctis;
entrambi i critici operano tra Ottocento e Novecento e condizionano
quindi la critica goldoniana moderna.
Il giudizio dei contemporanei
Furono probabilmente i detrattori contemporanei di Goldoni ad intuire
per primi la vera natura rivoluzionaria del suo nuovo teatro. Ciò è
spiegabile per due motivi:
il primo è che, Goldoni, seguendo in prima persona la messa in scena
delle proprie opere, fornisce al pubblico la giusta chiave di lettura
delle sue commedie;
il secondo è che i contemporanei, pubblico e critica, avvertono con più
immediatezza gli aspetti realistici e rivoluzionari delle commedie
goldoniane, vivendo all'interno di quella società che Goldoni andava
rappresentando.
Il massimo critico (e assiduo spettatore) del Goldoni fu Carlo Gozzi,
che nel formulare le sue accuse, in realtà, da un punto di vista
conservatore, colse in pieno gli elementi di profonda novità del teatro
goldoniano. Egli infatti afferma che Goldoni:
"espose sul teatro tutte quelle verità che gli si parano dinanzi,
ricopiate materialmente e trivialmente, e non imitate dalla natura, né
coll'eleganza necessaria ad uno scrittore";
"non seppe, o non volle, separare le verità, che si devono, da quelle
che non si devono porre in vista sopra un teatro; ma si è regolato con
quel solo principio, che la verità piace sempre";
Le commedie di Goldoni "odorano per lo più di pernicioso costume. La
lascia e il vizio gareggiano in esse colla modestia e colla virtù, e
bene spesso queste due ultime sono vinte da' primi";
"ha fatto sovente de' veri nobili lo specchio dell'iniquità e il
ridicolo; e della vera plebe l'esempio della virtù e il serio in
confronto, in parecchie delle sue commedie";
Goldoni ha realizzato una scaltra operazione di avvicinamento alla
plebe: "io sospetto (e forse troppo maliziosamente) ch'egli abbia ciò
fatto per guadagnarsi l'animo del minuto popolo, sempre sdegnoso col
necessario giogo della subordinazione";
Quanto allo stile: "Moltissime delle sue commedie non sono che un
ammasso di scene, le quali contengono delle verità, ma delle verità
tanto vili, goffe e fangose, che quantunque abbiano divertito anche me
medesimo, animate dagli attori, non seppi giammai accomodare nella mia
mente che uno scrittore dovesse umiliarsi a ricopiarle nelle più basse
pozzanghere del volgo, né come potesse aver l'ardire d'innalzarle alla
decorazione d'un teatro, e soprattutto come potesse aver fronte di porre
alle stampe per esemplari delle vere pidoccherie";
Un'ultima accusa riguarda il fatto che Goldoni ricavi da vivere dal suo stesso mestiere di autore teatrale.[2]
Si evince quindi che Gozzi comprese fino in fondo:
L'assoluta novità del teatro di Goldoni e della sua figura di intellettuale
Il carattere decisamente realistico del teatro goldoniano
La pericolosità "pedagogica" (e quindi politica) di fare del realismo in scena
La pericolosità politica ed ideologica di esaltare la plebe e ridicolizzare la nobiltà
La felice, ma pericolosa, combinazione di efficacia artistica e realismo
Per circa due secoli la stroncatura di Carlo Gozzi rappresentò
paradossalmente, con la sua doppia lettura positivo-negativo,
l'interpretazione più lucida del cuore dell'operazione teatrale
goldoniana.
In epoca successiva, però, si fecero strada i due pregiudizi primari,
giustificabili con il fatto che l'opera di Goldoni venne valutata senza
tener conto della sua corretta messa in scena. In contesti storici
differenti ed in contesti culturali lontani dalla Venezia di metà
settecento, l'opera di Goldoni venne svalutata sia sul piano ideologico,
che sul piano linguistico. Illuministi di rilievo come Baretti e
Cesarotti finirono per dare giudizi molto riduttivi, formulando
addirittura accuse di "sciatteria", "scorrettezza", “grossolanità”[senza
fonte]. Nel frattempo si andava consolidando la tendenza a considerare
le opere teatrali come forme di letteratura minore.
Il giudizio di Francesco De Sanctis e Benedetto Croce
In pieno Ottocento, con Francesco De Sanctis, gli studi su Goldoni hanno
un parziale riavvio. Il famoso critico riconosce al Goldoni la novità
del realismo, il tentativo cioè di ritrarre la natura in tutte le sue
sfaccettature e rendere protagonista “l'uomo, con le sue virtù e le sue
debolezze, che crea o regola gli avvenimenti, o cede in balia di
quelli”[3]. In questo l'operazione di Goldoni è simile a quella di
Galileo, che creò la nuova scienza operando lo stesso capovolgimento di
valori: identica quindi la novità di metodo. Pur riconoscendo a Goldoni,
quindi, tutte le qualità necessarie per affrontare e vincere questa
impresa, De Sanctis però formula accuse di volgarità, superficialità e
mancanza di vera poesia: “Questo mondo poetico ha il difetto delle sue
qualità: nella sua grossolanità è superficiale, nella sua naturalezza è
volgare. In quel suo correre dritto e rapido il poeta non medita, non si
raccoglie, non approfondisce; sta tutto al di fuori, giocoso e
spensierato, indifferente al suo contenuto, e intento a caricarlo quasi
per suo passatempo, con l'aria più ingenua, senza ombra di malizia e di
mordacità; onde la forma del suo comico è caricatura allegra e
smaliziata, che di rado giunge all'ironia. Nel suo studio del naturale e
del vero trascura troppo il rilievo, e se ha il brio del linguaggio
parlato ne ha pure la negligenza; per fuggire alla retorica, casca nel
volgare. Gli manca quella divina malinconia, che è l'identità del poeta
comico”.
Altra accusa riguarda il "mestiere": secondo lo studioso Goldoni non
sarebbe stato libero nella sua invenzione, ma andò dietro a ragioni
mercantili, legate al gradimento del pubblico: “le necessità del
mestiere contrastavano alle aspirazioni dell'artista”. Secondo De
Sanctis, Goldoni fu “obbligato spesso a concessioni e a mezzi termini
per contentare il pubblico, la compagnia e gli avversari […] Di queste
concessioni trovi i vestigi nelle migliori commedie, dove non rifiuta
certi mezzi volgari e grossolani di ottenere gli applausi della platea”.
In conclusione possiamo dire che la critica del De Sanctis contiene
rivalutazioni e stroncature:
si riconosce il valore realistico e quindi nuovo dell'opera di Goldoni si riconosce l'importanza del metodo "galileano", che pone al centro dell'osservazione diretta l'uomo, così com'è si formulano accuse di grossolanità e volgarità dello stile si accusa Goldoni di essere asservito a logiche mercantili e non letterarie il giudizio negativo viene esteso a tutte le opere di Goldoni, nessuna esclusa non si individuano le necessità ed i meriti della riforma goldoniana,
che non sarebbe stata condotta agli esiti dovuti per mancanza di
coraggio.
Dopo De Sanctis la riflessione critica su Goldoni insiste sugli aspetti
di sensibilità psicologica, di bonomia dello sguardo, di poesia delle
opere. Non-poetica viene considerata l'arte di Goldoni dal Momigliano,
il quale pur riconoscendo una certa maestria all'autore esprime infine
un giudizio riduttivo: “fu grande quando seppe far con arte profonda
un'interpretazione superficiale”.
A questi giudizio fa riferimento anche Benedetto Croce che, senza aver
una conoscenza adeguata forse del teatro di Goldoni, ovvero della messa
in scena delle commedie, esprime giudizi netti e riduttivi: “…inferiore
al Molière nell'osservazione morale e aggirantesi in più semplice
cerchia di esperienze… sta tutto nella capacità di un'ilare visione
degli uomini, delle loro passioncelle, difetti e vizi o piuttosto
difettucci e vizietti e curiose deviazioni, dei quali poi quasi sempre
si ravvedono e si correggono. Era anche un buon uomo, di oneste
intenzioni, bonario, pietoso, indulgente; la sua vena era quella… e alla
poesia propriamente detta non s'innalza”.
In definitiva, secondo Croce, il Goldoni:
non ha grandi capacità nell'osservazione morale degli uomini non si impegna in uno studio profondo dell'umanità è agito da un carattere bonario, da papà indulgente non raggiunge mai con le sue opere la vera poesia Da quanto detto, emerge con chiarezza che Croce “buca” letteralmente il cuore stesso dell'opera di Goldoni, non considerando:
lo sforzo di rinnovamento del teatro italiano le esigenze e le necessità della sua riforma il valore realistico dell'arte goldoniana lo spessore poetico di alcuni capolavori oggi indiscussi gli aspetti di critica, secca e talora feroce, verso talune realtà sociali la necessità di una corretta messa in scena delle commedie La svolta degli studi goldoniani.
Ad inizio Novecento si palesa una netta svolta nella critica goldoniana,
con due autori oggi non molto conosciuti, quali Luigi Falchi ed Ernesto
Masi, che pubblicarono studi sui contenuti etici e sociali e sul
pensiero politico di Goldoni. Tuttavia questi illuminati studi non
fecero breccia nella cultura dell'epoca, fortemente condizionati dalla
critica desanctisiana e crociana. Secondo il critico teatrale Luigi
Lunari, “i contributi del Falchi e del Masi stanno alla scoperta del
Goldoni come il viaggio di Erik il Rosso sta alla scoperta
dell'America”.
Ben altro impatto ebbero gli studi dell'italianista russo Aleksej
Karpovič Dživelegov (translitterato Givelegov), nel 1953. Egli studia
con particolare attenzione la maschera di Pantalone e la sua
trasformazione nel teatro di Goldoni, dove finisce per incarnare il
tipico mercante veneziano dell'epoca. Si tratta di un personaggio guida,
in senso ideologico, che evidenzia il percorso della riforma
goldoniana: dal teatro della commedia dell'arte al teatro della realtà.
Secondo il critico russo G. compie un esame diretto realtà, con precisi
intenti morali e sociali, il tutto in chiave di grande efficacia
poetica. In definitiva con il Givelegov vengono posti dei nuovi punti
saldi nella critica goldoniana: riconoscimento dell'arte realistica del suo teatro riconoscimento di uno sguardo attento e profondo alla realtà sociale spessore ideologico di tutta riforma risultati poetici indiscussi.
Pochi anni dopo, un altro critico italiano, Manlio Dazzi, torna a studiare l'ideologia goldoniana, individuando nel teatro di Goldoni “l'oggettiva e realistica immagine di una società dialetticamente articolata in luci e ombre, colta in un momento di profondo travaglio”. Viene riconosciuto lo sforzo di Goldoni nel mettere in evidenza la classe politica in quel momento all'avanguardia; operazione che comunque non gli impedì di guardare alla realtà storica senza preconcetti e mistificazioni.
Pochi anni dopo, un altro critico italiano, Manlio Dazzi, torna a studiare l'ideologia goldoniana, individuando nel teatro di Goldoni “l'oggettiva e realistica immagine di una società dialetticamente articolata in luci e ombre, colta in un momento di profondo travaglio”. Viene riconosciuto lo sforzo di Goldoni nel mettere in evidenza la classe politica in quel momento all'avanguardia; operazione che comunque non gli impedì di guardare alla realtà storica senza preconcetti e mistificazioni.
Film su Goldoni
Carlo Goldoni - Venezia Gran Teatro del Mondo - Un film di Alessandro Bettero goldonithemovie
Goldoni personaggio
La figura di Carlo Goldoni ispirò a lungo drammaturghi e teatranti tanto
che, a cavallo tra Settecento ed Ottocento, la produzione drammaturgica
italiana registrò numerose commedie che riportavano Goldoni tra i
personaggi. Nessun aspetto della vita del commediografo fu risparmiato:
dagli amori alla vita parigina, dai successi alle gare fra poeti,
Goldoni visse una seconda vita tra le pagine di meno fortunate commedie
che lo dipinsero e ne perpetrarono la fama in Italia.
Tra queste:
Tra queste:
Carlo Goldoni, presumibilmente di Luigi Forti, senza data
Le gare fra poeti di Giuseppe Gatti, 1754
Carlo Goldoni fra' comici di Gaetano Fiorio, 1791
Il matrimonio di Carlo Goldoni di Gaetano Fiorio, 1791
Sior Zanetto, ovvero un poeta ai Campi Elisi di Giovanni Smith, 1815
Madamigella Clairon di Giovan Carlo Cosenza, 1819
Carlo Goldoni in Genova di Luigi Marchese, 1825
Carlo Goldoni in Milano di Paolo Gindri, 1837
Carlo Goldoni di Angelo Ortolani, 1839
Goldoni e le sue sedici commedie nuove di Paolo Ferrari, 1852
Giuseppe Angeleri di Francesco Cameroni, 1852
Goldoni a Udine di Giuseppe Ullmann, 1876
Il primo passo. Una pagina delle memorie di Carlo Goldoni di Giacinto Gallina, 1877
Goldoni Bambino di Eugenio Zorzi, 1881
Un amoreto de Goldoni a Feltre di Libero Pilotto, 1883
Asmodeo di Luigi Alberti, 1886
Gli ultimi giorni di Goldoni di Valentino Carrera, 1887
Goldoni e Ferrari scherzo comico di Giuseppe Ottolenghi, 1889
La spigliatezza di Luigi Rasi, 1891
Goldoni a Parigi di Ruggero Luzzatto, 1894
I fioi de Goldoni di Giuseppe Adami, 1905
Goldoni e le sue quattro maschere di Pietro Pellizzari, 1907
L'avvocatino Goldoni di Nino Berrini, 1909
Goldoni e i suoi avversari di Giovanni Sfetez, 1910
Goldoni a Parigi. Scene storico-paradossali di Rodiolo Papa, 1911
Carlo Goldoni di Mario Macerata, 1913
Goldoni e la sua prima tragedia lirica di Giovanni Sfetez, 1913
Goldoni e la sua vecchiaia di Giovanni Sfetez, 1920
Goldoni in convento di Napoleone Girotto, 1923
Inoltre Goldoni è apparso come personaggio in alcuni film:
La Locandiera di Paolo Cavara, 1981
Piccoli delitti veneziani di Etienne Perier, 1988
Vivaldi, un principe a Venezia di Jean-Louis Guillermou, 2005
Nel 2010 Alitalia gli ha dedicato uno dei suoi Airbus A320-216 (EI-EIE).
Nessun commento:
Posta un commento