Giovanni Antonio Canal, meglio conosciuto come il Canaletto (Venezia, 7
ottobre 1697 – Venezia, 19 aprile 1768), è stato un pittore e incisore
italiano, noto soprattutto come vedutista.
I suoi quadri, oltre a unire nella rappresentazione topografica
architettura e natura, risultavano dall'attenta resa atmosferica, dalla
scelta di precise condizioni di luce per ogni particolare momento della
giornata e da un'indagine condotta con criteri di scientifica
oggettività, in concomitanza col maggiore momento di diffusione delle
idee razionalistiche dell'Illuminismo. Insistendo sul valore matematico
della prospettiva, l'artista, per dipingere le sue opere si avvaleva
talvolta della camera ottica.
Nascita e formazione
Nacque a Venezia da Bernardo quondam Cesare Canal e Artemisia Barbieri.
Esisteva una famiglia Canal ascritta al patriziato, ma quasi certamente
non aveva legami con quella di Giovanni Antonio che, comunque, era di
estrazione benestante.
Il soprannome "Canaletto" gli venne dato per distinguerlo dal padre, che
era pure pittore (di scenografie teatrali), o forse per la bassa
statura. Sarà proprio attraverso il padre che il giovane Giovanni
Antonio viene avviato alla pittura. Così come il padre, anche il
fratello maggiore, Cristoforo, si occupa della pittura di fondali per il
teatro. Antonio comincia così a collaborare con il padre e il fratello e
le prime commissioni, nel 1716, riguardano la realizzazione dei fondali
per alcune opere di Antonio Vivaldi.
Tra il 1718 e il 1720 il giovane si trasferisce, insieme a Bernardo e a
Cristoforo, a Roma per realizzare le scene di due drammi teatrali di
Alessandro Scarlatti. Il viaggio a Roma è decisivo per Giovanni Antonio
Canal in quanto proprio a Roma ha i primi contatti con i pittori
vedutisti. In particolare, i suoi modelli di riferimento sono tre
importanti artisti che si cimentarono con il genere della veduta: il
primo è Viviano Codazzi, che Antonio non può conoscere da vivo in quanto
scomparso nel 1670, il secondo è Giovanni Paolo Pannini, famoso per le
sue vedute fantastiche, molte delle quali ispirate alle antichità
romane, e il terzo è Gaspar van Wittel, olandese, considerato tra i
padri del vedutismo. Non è però possibile attribuire un peso più o meno
importante a ognuno dei tre: certo è che il giovane Canal prende
notevoli spunti e suggestioni dalle opere dei succitati artisti e nel
frattempo continua a perfezionare la sua tecnica. Agli anni del
soggiorno a Roma risalgono le prime opere a lui attribuite (benché non
ci sia grande certezza): la Santa Maria d'Aracoeli e il Campidoglio e il
Tempio di Antonino e Faustina, opere in cui Giovanni Antonio Canal
comincia a prendere confidenza con il genere della veduta, come si vede
dalla non impeccabile resa prospettica.
Piazza San Marco (1723 circa, Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza)
Le prime importanti committenze a Venezia
Tornato nella città natale, il Canaletto stringe contatti con i
vedutisti veneziani, tra i quali spiccavano i nomi di Luca Carlevarijs e
di Marco Ricci e comincia a dedicarsi a tempo pieno alla pittura di
vedute: ai primi anni venti del Settecento risalgono quattro importanti
opere che entrarono poi a far parte delle collezioni dei reali del
Liechtenstein: il Canal Grande verso il ponte di Rialto, dipinto giocato
sui contrasti tra luce e ombra, il Bacino di San Marco dalla Giudecca,
una Piazza San Marco che rappresenta una delle prime realizzazioni della
piazza che sarà poi uno dei soggetti preferiti del Canaletto, e il Rio
dei Mendicanti, interessante in quanto opera raffigurante un rione
popolare. Al 1723 risalgono le prime due opere firmate e la cui data è
certa: sono due Capricci, ossia raffigurazioni di elementi tratti dalla
realtà insieme a elementi di fantasia, ambedue attualmente conservati in
collezioni private.
Il canal Grande verso Rialto (1723 circa, Venezia, Museo del Settecento Veneziano)
Grazie alla sua notevole abilità e alla sua tecnica che nel giro di
pochi anni aveva fatto grandi progressi, il Canaletto riesce in breve
tempo a diventare uno dei pittori più affermati di Venezia, e, nel corso
della seconda metà degli anni venti, per lui le committenze cominciano
ad aumentare. Uno dei primi importanti committenti è il mercante
lucchese Stefano Conti, che attraverso la mediazione del pittore
Alessandro Marchesini, fa realizzare al Canaletto quattro opere, tra le
quali una veduta di Campo Santi Giovanni e Paolo. Al 1727 risale invece
la prima composizione a carattere celebrativo dell'artista, il
Ricevimento dell'ambasciatore francese a Palazzo Ducale, conservata al
Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo: è la prima di una lunga serie di
opere che, descrivendo le feste della Repubblica di Venezia, riescono a
dare un'immagine del lusso e dello splendore delle celebrazioni della
Serenissima.
Un altro importante cliente del Canaletto in questi anni è il
feldmaresciallo Johann Matthias von der Schulenburg, che prestò anche
servizio per la Repubblica di Venezia e ne riformò l'esercito.
Appassionato di arte, nella sua residenza di Ca' Loredan sulle rive del
Canal Grande raccolse un'importante collezione nella quale figuravano
opere di artisti come Raffaello, Correggio, Giorgione, Giulio Romano e
altri ancora. Schulenburg commissiona a Giovanni Antonio Canal alcune
opere tra le quali una veduta di Corfù, per celebrare la vittoria
ottenuta dal tedesco nell'isola greca contro gli Ottomani, e una Riva
degli Schiavoni oggi conservata al Sir John Soane's Museum di Londra.
Il Bacino di San Marco verso est (1730 circa, Boston, Museum of Fine Arts)
Molte opere realizzate dal Canaletto durante la prima fase della sua
carriera, al contrario delle abitudini del tempo, sono state dipinte
"dal vero" (piuttosto che da abbozzi e da studi presi sul luogo per poi
essere rielaborati nello studio dell'artista). Alcuni dei suoi lavori
tardi tornano a questa abitudine, suggerita dalla tendenza per le figure
distanti a essere dipinte come macchie di colore - un effetto prodotto
dall'uso della camera oscura, che confonde gli oggetti distanti. I
dipinti del Canaletto comunque si distinguono sempre per la loro grande
accuratezza.
L'incontro con Joseph Smith
Acquisita una notevole fama, il Canaletto comincia a essere notato dai
committenti inglesi: durante il Settecento Venezia era molto frequentata
dai giovani dell'aristocrazia britannica che svolgevano il loro Grand
Tour, del quale la città lagunare era una delle tappe preferite. Il
Canaletto ebbe i primi contatti con i committenti inglesi tramite
l'appoggio di Owen McSwiny, impresario teatrale e mercante d'arte
irlandese. Oltre alle vedute, sul finire degli anni venti il Canaletto
comincia a cimentarsi con il genere delle rappresentazioni celebrative,
tra le quali spicca in questo periodo uno dei capolavori più famosi
dell'artista, il Bucintoro al Molo il giorno dell'Ascensione, datato
1729 e oggi conservato a Barnard Castle, in Inghilterra. L'opera
raffigura quella che era forse la festa maggiormente sentita da parte
dei veneziani, e cioè lo sposalizio del mare, che si teneva ogni anno il
giorno dell'Ascensione. Nel dipinto, l'artista raffigura il ritorno del
Bucintoro verso Palazzo Ducale, con la grande nave da parata attorniata
dalle imbarcazioni del corteo. I dipinti celebrativi del Canaletto sono
molto spettacolari e offrono una tangibile testimonianza dello
splendore delle celebrazioni della Serenissima, che continuava a
cullarsi sui suoi fasti nonostante stesse conoscendo un declino
irreversibile, che si sarebbe poi concluso, nel 1797, con la fine della
millenaria indipendenza della Repubblica.
Il Bucintoro al Molo il giorno dell'Ascensione (1740 circa, Torino, Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli)
Nel frattempo Giovanni Antonio Canal entra in contatto con Joseph Smith,
personaggio che si rivelò poi decisivo per la carriera dell'artista.
Smith, ricchissimo collezionista d'arte e poi console britannico a
Venezia tra il 1744 e il 1760, diventa il principale intermediario tra
il Canaletto e i collezionisti inglesi. Inizialmente Smith fu un cliente
del pittore, uno tra i più facoltosi, e quindi durante i primi anni del
loro rapporto, il Canaletto realizzò anche per lui alcune opere d'arte,
come la Regata sul Canal Grande e un suggestivo Interno di San Marco di
notte (uno dei pochi dipinti notturni della produzione dell'artista):
sono due opere celebrative, risalenti ai primi anni trenta e oggi
conservate nelle collezioni dei reali d'Inghilterra.
Piazza San Marco verso la Basilica (1735 circa, Cambridge (Massachusetts), Fogg Art Museum)
Quindi Smith, dopo essere stato cliente dell'artista, svolge per lui un
ruolo di "mecenate" e di intermediario con la ricca clientela inglese:
questo anche per facilitare i rapporti, visto che, secondo le fonti
dell'epoca, il Canaletto non aveva un carattere particolarmente
accogliente. L'attività di Joseph Smith raggiunge il suo culmine durante
la seconda metà degli anni trenta: importanti nobili come il Conte di
Fitzwilliam, il Duca di Bedford, il Duca di Leeds e il Conte di Carlisle
iniziano a richiedere i quadri del Canaletto. A questo periodo
risalgono importanti opere come Il doge alla festa di San Rocco, altra
opera dal carattere celebrativo, conservata alla National Gallery di
Londra, e un'altra veduta di Piazza San Marco, conservata a Cambridge
negli Stati Uniti, interessante perché permette un confronto diretto con
la veduta che apparteneva ai reali del Liechtenstein e consente così di
scoprire i progressi fatti dal Canaletto in circa dieci anni. Altre
opere, realizzate per i committenti inglesi, sono la Riva degli
Schiavoni verso est, risalente al 1738-40 circa e conservata nei musei
del Castello Sforzesco di Milano, una veduta di Piazza San Marco verso
sud-est conservata a Washington e una veduta dell'angolo nord-est della
principale piazza di Venezia, conservata a Ottawa.
Il trasferimento in Inghilterra
Veduta del Tamigi e della City da un arco di Westminster Bridge, (1747, collezione privata)
Verso il 1740 il mercato del Canaletto si riduce drasticamente quando la
Guerra di successione austriaca (1741-1748) portò a un forte decremento
dei visitatori britannici a Venezia. Smith non riusciva più a garantire
l'elevato numero dei clienti di un tempo, anche perché ormai tutti i
più importanti committenti inglesi che frequentavano Venezia avevano
acquistato un elevato numero di opere di Giovanni Antonio Canal. Joseph
Smith non era quindi più in grado di garantirgli committenze e nel 1746
il Canaletto decide di trasferirsi a Londra: l'artista scrive una
lettera al suo primo "agente", Owen McSwiny pregandolo di introdurlo
presso il Duca di Richmond, che tra l'altro era già stato cliente del
Canaletto durante gli anni venti.
La rotonda di Ranelagh (1754, Londra, National Gallery)
Il Canaletto comincia quindi a creare i rapporti con i suoi nuovi
clienti, tra i quali figuravano il principe boemo Johann Georg Christian
von Lobkowitz e il nobile inglese Hugh Percy, futuro Duca di
Northumberland. Accolto con iniziale diffidenza, riesce a ricevere
comunque diverse commissioni da parte dell'aristocrazia inglese: tra le
opere di questi anni si segnala Il Parco di Badminton da Badminton
House, del 1748, realizzato per Charles Somerset, quarto duca di
Beaufort. Si tratta di un dipinto interessante perché mostra un
Canaletto diverso: se infatti l'artista era abituato a dipingere gli
scorci urbani di una Venezia ricca di edifici e piena di persone
indaffarate, in Inghilterra il Canaletto comincia a raffigurare i tipici
paesaggi calmi e privi di architetture complesse della brughiera
inglese. Esemplificativi in tal senso sono anche alcuni dipinti come Il
castello di Warwick, realizzato per Francis Greville Brooke, futuro duca
di Warwick, e alcune vedute del Tamigi, nelle quali il pittore poteva
utilizzare gli artifici di cui si serviva per raffigurare i canali e i
bacini di Venezia. Interessante è anche un dipinto conservato presso
l'Abbazia di Westminster che raffigura l'abbazia stessa con la
processione dei cavalieri dell'Ordine del Bagno: si tratta di un dipinto
a scopo celebrativo nel quale Giovanni Antonio Canal poteva servirsi
della sua esperienza maturata nel dipingere le lussuose feste della
Repubblica di Venezia.
Dopo aver interrotto il soggiorno inglese una prima volta nel 1750 e una
seconda volta nel 1753, il Canaletto torna a Londra e stringe rapporti
con Thomas Hollis, uno dei più importanti committenti del periodo
inglese: per lui l'artista dipinge il Ponte di Walton e L'interno della
Rotonda di Ranelagh, quest'ultimo uno dei rari interni realizzati dal
pittore.
Il ritorno a Venezia e gli ultimi anni
Il Canaletto torna nella città natale tra il 1755 e il 1756 per non
spostarsi più. Le ultime committenze prestigiose sono quelle del
mercante tedesco Sigismund Streit e quelle per le "Solennità dogali".
Per il primo, un committente molto esigente, l'artista realizza alcuni
dipinti tra i quali due suggestivi notturni, la Veglia notturna a San
Pietro di Castello e la Veglia notturna all'arzere di Santa Marta,
entrambi conservati alla Gemäldegalerie di Berlino ed entrambi risalenti
a un periodo collocabile tra il 1758 e il 1763. Sono tra i pochi
notturni prodotti da Giovanni Antonio Canal e raffigurano i momenti
salienti di due importanti celebrazioni: la gente festosa sulle
imbarcazioni e sulle rive è illuminata soltanto dalla luce soffusa della
luna. Per le Solennità dogali invece l'artista realizza un ciclo di
disegni completati nel 1766.
Piazza San Marco verso est dall'angolo di nord-ovest (1760 circa, Londra, National Gallery)
Durante l'ultima fase della sua carriera, il Canaletto approfondisce il
tema del capriccio, già affrontato in gioventù: importante in questo
senso è il celeberrimo Capriccio palladiano, conservato presso la
Galleria nazionale di Parma e risalente a un periodo compreso tra il
1756 e il 1759: si tratta di una veduta del quartiere di Rialto con il
Ponte raffigurato secondo il progetto di Andrea Palladio e con la
Basilica Palladiana di Vicenza. L'opera coniuga elementi reali (il
quartiere di Rialto) a elementi altrettanto reali ma collocati altrove
(la Basilica di Vicenza) e a elementi di fantasia (il Ponte di Rialto
secondo il progetto palladiano), e in più è interessante perché permette
di vedere come sarebbe stato il quartiere di Rialto se fosse stato
scelto il progetto di Andrea Palladio piuttosto che quello di Antonio da
Ponte.
Nel 1763 Giovanni Antonio Canal viene nominato socio dell'Accademia
Veneziana di Pittura e Scultura, e da questo momento in avanti non si
hanno più notizie sicure sulla sua attività: è probabile che abbia
continuato a dipingere fino alla sua scomparsa, avvenuta il 19 aprile
del 1768, dopo “lungo compassionevole male” – annota il Gradenigo nei
Notatori – nella sua casa di Corte della Perina, tuttora esistente,
circondato dall'affetto dei famigliari, e venne sepolto nella chiesa di
San Lio; a Venezia, la tradizione vuole che la sua tomba si trovi sotto
il pavimento della quattrocentesca Cappella Gussoni, nella Chiesa di San
Lio (Pelusi, 2007).
Nel frattempo, in questi anni, Joseph Smith vende gran parte della sua
collezione al re Giorgio III, che ha così modo di creare la base per la
grande collezione di dipinti di Canaletto di proprietà della Royal
Collection. Ci sono molti quadri dell'artista in altre collezioni
britanniche tra cui la Wallace Collection di Londra, e in più c'è un
insieme di una ventina di opere nella Sala da Pranzo della Woburn Abbey,
nel Bedfordshire.
Critica
La fortuna critica del Canaletto ha conosciuto fasi alterne: ci sono
stati e ci sono critici che lo apprezzano in modo incondizionato, mentre
ci sono altri critici che si sono espressi in modo poco tenero nei suoi
confronti. Questo perché secondo alcuni, il Canaletto non sarebbe altro
che un "pittore-fotografo", un meccanico riproduttore della realtà
circostante (Cottino, 1991).
Il primo a dare un giudizio su di lui è Anton Maria Zanetti, erudito
veneziano: in una sua opera del 1733, intitolata Descrizione di tutte le
pubbliche pitture della città di Venezia e isole circonvicine, Zanetti
definisce il Canaletto come pittor di vedute, al quale e nella
intelligenza e nel gusto e nella verità, pochi tra gli scorsi e nessuno
tra i presenti si può trovar che si accostino. Un altro contemporaneo,
Charles de Brosses, dice nelle sue Lettere familiari del 1739 che la
specialità di Giovanni Antonio Canal è di dipingere le vedute di
Venezia; in questo genere supera tutto ciò che è mai esistito. La sua
maniera è luminosa, gaia, viva, trasparente e mirabilmente minuziosa.
Luigi Lanzi nella sua famosa Storia pittorica dell'Italia del 1831, dice
che l'artista usa qualche libertà pittoresca, sobriamente però e in
modo che il comune degli spettatori vi trova natura e gl'intendenti vi
notan arte, arte che secondo Lanzi il Canaletto possedé in grado
eminente. L'Ottocento si dimostra il secolo in cui la fortuna critica
dell'artista scende ai "minimi storici": l'arte del Canaletto in
particolare viene letteralmente stroncata da John Ruskin nella sua opera
Modern painters, uscita in quattro edizioni (la prima è del 1843.
Ruskin dice: il manierismo del Canaletto è il più degradato che io
conosca in tutto il mondo dell'arte. Esercitando la più servile e
sciocca imitazione, esso non imita nulla se non la vacuità delle ombre, e
ne offre singoli ornamenti architettonici, per quanto esatti e prossimi
[...]: si tratta di un piccolo, cattivo pittore.
Niccolò Tommaseo, nella sua opera Bellezza e civiltà del 1857, propone
un ritratto singolare del pittore veneziano, cercando di non
sbilanciarsi troppo: negar lode a tale artista, vissuto in tempi sì
miseri, che quando l'arte periva per ogni dove, aggiunse all'Italia una
novella corona, sarebbe ingiustizia; ma soprabbondar nelle lodi, e
quello ch'egli toccò, dire il sommo dell'arte, sarebbe stoltezza.
Tommaseo conclude dicendo che il Canaletto artista valente, non è che
una porzione d'artista: questo perché secondo Tommaseo l'arte è nata non
già per essere imitatrice dell'arte [...] ma per illustrare la natura e
rinnovarla d'affetto generoso. Tommaseo cerca di riconoscere al
Canaletto il merito di essere stato un artista sincero in tempi
corrotti, ma comunque sottolinea tutti i limiti della pittura vedutista,
in particolar modo delle vedute di architetture (Pelusi, 2007).
Gino Damerini, nella monografia del 1912 dedicata a Francesco Guardi,
riconosce la superiorità di quest'ultimo nei confronti del Canaletto:
Guardi, infatti, si impadronisce del nostro spirito quando già il nostro
spirito trova Canaletto antiquato o soverchiamente rigido.
Più positiva è l'interpretazione di Gino Fogolari, che nell'opera Il
Settecento italiano del 1932 dice che nel dar significato alle vedute e
nel taglio del quadro e nella prospettiva, è un costruttore, come è un
poeta della luce nel rattenerne nelle lontananze tutta la chiarità
solare.
A partire dalla seconda metà del Novecento i giudizi sull'arte del
Canaletto cominciano a diventare sempre più positivi, a cominciare da
quello di Roberto Longhi che nel 1946 lo chiama il grande Antonio Canal.
Nel 1967 Pietro Zampetti, nell'opera Vedutisti veneziani del
Settecento, descrive il Canaletto come il primo vero vedutista, per via
della sua nuova forza e del suo nuovo senso della natura: finalmente
nasce la veduta pura, la realtà schietta e sincera, il senso delle cose
scrutate nella loro essenza più vera e profonda. Inoltre di recente
molti storici dell'arte hanno cominciato a prendere le distanze dalla
critica che vede il Canaletto come un "pittore-fotografo": per esempio,
nel 1974 André Corboz dice che la supervalutazione del valore
"oggettivo" di Canaletto è stata la conseguenza di una mentalità
positivista della quale la critica ha da molto tempo sottolineato le
insufficienze. La linea che valuta il rigorismo prospettico del
Canaletto in chiave positiva ha trovato riscontro anche negli sviluppi
più recenti della critica: il rigore di un preciso telaio prospettico,
uno spazio liberamente inteso, preciso nei particolari ma non fedele al
vero, una pittura sciolta in un soffio di poesia personalissima sono le
caratteristiche dell'arte del Canaletto secondo Alessandro Bettagno
(Canaletto prima maniera, 2001).
Gérard Genette (The Stonemason's Yard, 2005), individua in Canaletto due
livelli: un “primo livello”, quello dei motivi di ammirazione più ovvi e
immediati – per esempio, la seduzione principale dell'oggetto dipinto:
“bel” paesaggio, modello affascinante – e un secondo, quello che
riguarda un oggetto che nulla segnalerebbe all'ammirazione estetica, a
priori e indipendentemente dal fatto che il pittore lo riproduce per
mezzo del proprio trattamento pittorico. La “secondarietà” specifica,
per Genette, che predilige il "Laboratorio dei marmi a San Vidal" al
"Ritorno del Bucintoro", dipende dalla secondarietà generale che
consiste nel preferire, in ogni caso, agli oggetti immediatamente
seducenti ciò che Arthur Danto ha, in una prospettiva diversa, chiamato
la “trasfigurazione del banale”, cioè il modo in cui l'arte del pittore
si esercita e si manifesta su di un oggetto che l'osservatore profano
avrebbe forse giudicato meno degno della sua attenzione e del suo
interesse (Pelusi, 2007).
Curiosità
Il Canaletto è lo zio di Bernardo Bellotto, altro importante pittore
vedutista veneziano, anch'egli talvolta noto come "Canaletto".
Il prezzo record pagato a un'asta per un Canaletto sono 18,6 milioni di
sterline per una Vista di Canal Grande da Palazzo Balbi a Rialto,
venduta da Sotheby's a Londra nel luglio del 2005. Il nome del
collezionista non è noto.
Dipinti principali
Inizi
Tempio di Antonino e Faustina, 1720 circa; olio su tela, 148 × 200 cm; Budapest, Szépmüvészeti Museum.
Santa Maria di Aracoeli e il Campidoglio, 1720 circa; olio su tela, 148 × 200 cm; Budapest, Szépmüvészeti Museum.
Il canal Grande verso Rialto, 1723 circa; olio su tela, 144 × 207 cm; Venezia, Museo del Settecento Veneziano.
Bacino di San Marco dalla Giudecca, 1723 circa; 141 × 154 cm; Cardiff, National Museum.
Piazza San Marco verso la Basilica, 1723; 141 × 204 cm; Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza.
Rio dei Mendicanti, 1723; 143 × 200 cm; Venezia, Museo del Settecento Veneziano.
Il Palazzo Ducale, 1725; olio su tela, 65 × 86 cm; Columbus, Columbus Museum of Art.
San Giovanni dei Battuti a Murano, 1725 circa; olio su tela, 66 × 127 cm; San Pietroburgo, Museo dell'Ermitage.
San Cristoforo, San Michele e Murano dalle Fondamenta Nuove, 1725 circa;
olio su tela, 66 × 127 cm; San Pietroburgo, Museo dell'Ermitage.
Il Canal Grande da nord-est verso il Ponte di Rialto, 1725 circa; olio su tela, 146 × 234 cm; Dresda, Gemäldegalerie.
Campo Santi Giovanni e Paolo e Scuola Grande di San Marco, 1725 circa; olio su tela, 125 × 165 cm; Dresda, Gemäldegalerie.
San Giacomo di Rialto, 1725-26; olio su tela, 95 × 117 cm; Dresda, Gemäldegalerie.
La Punta della Dogana, 1726-28; olio su tela, 46 × 62 cm; Vienna, Kunsthistorisches Museum.
Riva degli Schiavoni da ovest, 1726-28; olio su tela, 46 × 62 cm; Vienna, Kunsthistorisches Museum.
Periodo maturo
Il Bucintoro al Molo il giorno dell'Ascensione, 1729; olio su tela, 53 × 70 cm; Barnard Castle, The Bowes Museum.
Arrivo dell'ambasciatore francese a Venezia, 1730 circa; 181 × 260 cm; San Pietroburgo, Museo dell'Ermitage.
Riva degli schiavoni verso est, 1730; olio su tela, 58 × 101 cm; Collezione privata.
Il Canal Grande e la chiesa di Santa Maria della Salute, 1730; olio su tela, 49 × 72 cm; Houston, Museum of Fine Arts.
Piazza San Marco, 1730 circa; olio su tela, 68 × 112 cm; New York, Metropolitan Museum.
Il fonteghetto della farina, 1730 circa; olio su tela, 66 × 112 cm; Collezione privata.
Il Canal Grande, 1730 circa; olio su tela, 61 × 90 cm; Bergamo, Accademia Carrara.
Il Bacino di San Marco verso est, 1730 circa; 125 × 204 cm; Boston, Museum of Fine Arts.
La riva degli Schiavoni, 1730-31; olio su tela, 46 × 63 cm; Vienna, Kunsthistorisches Museum.
Il Canal Grande da Santa Maria della Carità al Bacino di San Marco,
1730-33; olio su tela, 48 × 80 cm; Windsor, Royal Collection.
Regata sul Canal Grande, 1732 circa; olio su tela, 77 × 126 cm; Windsor, Royal Collection.
Il Bucintoro al Molo il giorno dell'Ascensione, 1732 circa; olio su tela, 77 × 126 cm; Windsor, Royal Collection.
Interno di San Marco di notte, 1733 circa; 33 × 22 cm; Windsor, Royal Collection.
La Piazzetta, 1733-35; olio su tela, 68 × 91 cm; Roma, Galleria Nazionale d'Arte Antica.
Il Canal Grande dal Ponte di Rialto verso ca' Foscari; olio su tela, 69 × 94 cm; Roma, Galleria Nazionale d'Arte Antica.
Dolo sul Brenta, 1730-35 circa; olio su tela, 80 × 96 cm; Stoccarda, Staatsgalerie.
Il Bacino di San Marco, 1730-35; olio su tela; 54 × 71 cm; Milano, Pinacoteca di Brera.
Il Molo dal Bacino di San Marco, 1735 circa; olio su tela, 47 × 81 cm; Parigi, Louvre.
Piazza San Marco verso la Basilica, 1735 circa; olio su tela, 76 × 114 cm; Cambridge, Fogg Art Museum.
Regata sul Canal Grande, 1735 circa; olio su tela, 117 × 187 cm; Londra, National Gallery.
Il doge alla festa di San Rocco, 1735 circa; olio su tela, 147 × 199 cm; Londra, National Gallery.
Piazza San Marco verso la chiesa di San Geminiano, 1735 circa; olio su tela, 68 × 93 cm; Roma, Galleria Corsini.
Il Ponte di Rialto da sud, 1735 circa; olio su tela, 68 × 92 cm; Roma, Galleria Corsini.
Veduta del Canal Grande, 1735 circa; olio su tela, 73 × 129 cm; Colonia, Wallraf-Richartz Museum.
Piazza San Marco, angolo nord-est, 1735-37; olio su tela, 132 × 165 cm; Ottawa, National Gallery of Canada.
Il Canal Grande verso sud-ovest, 1738 circa; 124 × 204 cm; Londra, National Gallery.
Riva degli Schiavoni verso est, 1738-40; 110 × 185 cm; Milano, Pinacoteca del Castello Sforzesco.
Il Molo verso la Zecca con la colonna di San Teodoro, 1738-40; 110 × 185 cm; Milano, Pinacoteca del Castello Sforzesco.
Piazza San Marco verso sud-est, 1735-40; olio su tela, 114 × 153 cm; Washington, National Gallery of Art.
Il Brenta a Padova, 1735-40; olio su tela, 62 × 109 cm; Washington, National Gallery of Art.
Il Bacino dalla Giudecca, 1740 circa; 130 × 191 cm; Londra, Wallace Collection.
Padova, Prato della Valle, 1742 circa; 39 × 87 cm; Milano, Museo Poldi Pezzoli.
I dipinti inglesi
Westminster Bridge, 1746; olio su tela, 96 × 137 cm; New Haven, Yale Center for British Art.
Veduta del Tamigi e della City da un arco di Westminster Bridge, 1746-47; olio su tela, 57 × 95 cm; Collezione privata.
Il Tamigi e la City, 1746-47; olio su tela; Praga, Galleria Nazionale.
Il Tamigi e la CIty da Richmond House, 1747; olio su tela, 105 × 117 cm; Collezione privata.
Warwick Castle, lato sud, 1748; olio su tela, 75 × 120 cm; Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza.
Il parco di Badminton da Badminton House, 1748-49; olio su tela, 86 × 122 cm; Badminton House, Collezione del Duca di Beaufort.
L'Abbazia di Westminster con la processione dell'Ordine del Bagno, 1749;
olio su tela, 99 × 101 cm; Londra, Abbazia di Westminster.
Warwick Castle, lato est, 1751; olio su tela, 73 × 122 cm; Birmingham, City Museum and Art Gallery.
La rotonda di Ranelagh, 1754; olio su tela, 46 × 75 cm; Londra, National Gallery.
Eton College Chapel, 1754 circa; olio su tela, 61 × 107 cm; Londra, National Gallery.
Walton Bridge, 1754; olio su tela, 48 × 76 cm; Londra, Dulwich Picture Gallery.
Gli ultimi anni
Palazzo Ducale e Piazza San Marco, 1755 circa; 51 × 83 cm; Firenze, Uffizi.
Il Canal Grande verso sud-est da Campo Santa Sofia al Ponte di Rialto,
1756 circa; olio su tela, 119 × 185 cm; Berlino, Staatliche Museen.
Capriccio con rovine ed edifici classici, 1756 circa; olio su tela, 91 × 124 cm; Milano, Museo Poldi Pezzoli.
Capriccio palladiano, 1756-59; olio su tela, 56 × 79 cm; Parma, Galleria Nazionale.
Piazza San Marco verso sud-ovest, 1755-59; 67 × 102 cm; Hartford, Wadsworth Atheneum.
Piazza San Marco verso est dall'angolo di nord-ovest, 1760 circa; olio su tela, 46 × 38 cm; Londra, National Gallery.
Piazza San Marco verso est dall'angolo di sud-ovest, 1760 circa; olio su tela, 45 × 35 cm; Londra, National Gallery.
La veglia notturna all'arzere di Santa Marta, 1760 circa; olio su tela, 119 × 187 cm; Berlino, Staatliche Museen.
La veglia notturna a San Pietro di Castello, 1760 circa; olio su tela, 119 × 187 cm; Berlino, Staatliche Museen.
Il Campo di Rialto, 1758-63 circa; olio su tela, 119 × 186 cm; Berlino, Staatliche Museen.
Prospettiva con portico, 1765; olio su tela, 131 × 93 cm; Venezia, Gallerie dell'Accademia.
Note
CANAL, Giovanni Antonio, detto il Canaletto.
Bibliografia
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André Corboz, Sur la prétendue objectivité de Canaletto in Arte veneta XXVIII (1974), pp. 205–218.
Alessandro Bettagno (a cura di), Canaletto: disegni, dipinti, incisioni, Neri Pozza, 1982.
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catalogo della mostra (Treviso, 23 ottobre 2008 - 5 aprile 2009)
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A. Bettagno (Venezia, Fondazione Giorgio Cini, 30 agosto - 30 novembre
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Bozena Anna Kowalczyk,I Canaletto della National Gallery di Londra, Arte Veneta, 53, 1998, pp. 72–99.
Bozena Anna Kowalczyk, Canaletto prima maniera, catalogo della mostra
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Bozena Anna Kowalczyk, Canaletto e Bellotto: l’arte della veduta,
catalogo della mostra (Torino, Palazzo Bricherasio, 14 marzo - 15 giugno
2008), Cinesello Balsamo (Silvana Editoriale) 2008.
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di M. Schwander (Basilea, Fondation Beyeler, 28 settembre 2008 - 25
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Bozena Anna Kowalczyk , The Seven Drawings by Canaletto from the
Corniani-Algarotti Collection, Venice, in A Private Collection of
Venetian Old Master Drawings. Part One, catalogo della mostra a cura di
F. Antonacci e D. Lapiccirella (Parigi, Palazzo della Borsa, Salon du
dessin, 24 – 29 marzo 2010), Firenze 2010;
Bozena Anna Kowalczyk, "E tutto si diede a dipingere vedute dal
naturale”: Canaletto e Roma, in Canaleto e i vedutisti. L’incanto
dell’acqua, catalogo della mostra a cura di L. Tonani (Orta San Giuli,
Palazzo Penotti Ubertini, 21 maggio-18 settembre 2011), Cinisello
Balsamo 2011, pp. 21–23;
Fonte: Wikipedia
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