Autoritratto come David (1509 circa)
Biografia
Giuditta con la testa di Oloferne, 1504 circa
La Pala di Castelfranco
Tre filosofi
Il Fondaco dei Tedeschi
La Nuda
La Venere dormiente
Fortuna critica
Laura (1506)
Opere
Adorazione dei pastori Allendale
Tramonto
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La Tempesta
Giorgione, pseudonimo di Giorgio Gasparini o Zorzi da Castelfranco
(Castelfranco Veneto, 1478 – Venezia, 1510), è stato un pittore
italiano.
Nonostante la grande popolarità dell'artista ancora in vita, la sua è
una delle figure più enigmatiche della storia della pittura[2]. Non ha
firmato alcuna opera e la ricostruzione del suo catalogo, nonché la
determinazione dei significati iconografici di molte sue opere sono
oggetto di numerose controversie e dibattiti tra gli studiosi. Fu attivo
sulla scena pittorica veneziana per poco più di dieci anni, segnando
un'apparizione repentina ma sfolgorante, che nella storiografia
artistica ha poi assunto proporzioni leggendarie[2]. Anche restringendo
al massimo il suo catalogo e volendo ridimensionare i commenti
iperbolici che seguirono la sua morte, la sua attività segnò sicuramente
una svolta indelebile nella pittura veneta, imprimendo una decisiva
svolta verso la "Maniera Moderna".
"Giorgione" era il soprannome legato probabilmente alla sua alta statura
fisica. Giorgione stesso fu comunque sfuggente, inafferabile e
misterioso: a Gabriele D'Annunzio appariva "piuttosto come un mito che
come un uomo".
Biografia
Giuditta con la testa di Oloferne, 1504 circa
Origini
Della sua vita si conosce pochissimo e i fatti certi sono noti grazie a
iscrizioni sui dipinti o a scarsi documenti contemporanei.
Le prime notizie sulle origini del pittore risalgono alle fonti
cinquecentesche, che lo ricordano concordemente come originario di
Castelfranco Veneto, dove nacque nel 1477-1478. Giorgio da Castelfranco,
spesso indicato alla veneta come "Zorzo" o "Zorzi", venne citato come
Giorgione già pochi anni dopo la morte. L'accrescitivo era un modo di
accentuarne l'alta statura morale, oltre che fisica, e da allora si è
trasmesso come appellativo più usato per identificarlo[2].
Apprendistato e debutto [modifica]
Nessun documento permette di risalire alla prima giovinezza di
Giorgione, né si sa quando esattamente abbia lasciato Castelfranco,
tantomeno a che punto fosse la sua educazione.
Secondo Vasari Giorgione fu allievo di Giovanni Bellini, da cui riprese
il gusto per il colore e l'attenzione per i paesaggi: quest'ultima
sarebbe stata influenzata, sempre secondo Vasari, dalle opere di
Leonardo di passaggio in laguna:
« Aveva veduto Giorgione alcune cose di mano di Lionardo, molto fumeggiate e cacciate [...] terribilmente di scuro. »
(Giorgio Vasari, Vite, 1568.)
Tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo entrò in scena a Venezia,
tra i numerosi "foresti" che trovavano facilmente impiego in città,
anche in campo pittorico. Le sue prime prove, come le tavolette degli
Uffizi o la Madonna col Bambino in un paesaggio dell'Ermitage,
registrano un buon grado di assimilazione di proposte diverse, quali le
opere di Perugino, autore di un perduto telero per la Sala del Maggior
Consiglio nel 1494, Leonardo da Vinci, Lorenzo Costa, gli artisti
lombardi e i pittori e incisori nordici[3]. Ciò è ben visibile in una
delle opere sicuramente attribuibili alla sua mano e datata solitamente a
questo periodo: Giuditta con la testa di Oloferne, oggi
all'Ermitage.
Opere sacre [modifica]
Sacra Famiglia Benson, 1500 circa
Nel contesto della produzione di Giorgione le opere a soggetto sacro
sono prevalentemente collocate nei primi anni di attività. A questo
periodo sono di solito riferite la Sacra Famiglia Benson, l'Adorazione
dei pastori Allendale, l'Adorazione dei Magi e la Madonna leggente,
mentre di attribuzione prevalentemente scartata è un frammento con la
Maddalena, agli Uffizi. In queste opere si notano differenze
fondamentali con il principale pittore allora attivo a Venezia, Giovanni
Bellini: se per Bellini tutto è pervaso di sacralità e il creato appare
come manifestazione divina, per Giorgione tutto ha un aspetto laico,
con la natura che sembra dotata di una propria, innata norma interna,
nella quale i personaggi sono immersi con sentimenti reali e
"terrestri".
Maturazione
Le committenze usuali di Giorgione non erano né enti religiosi né la
Serenissima, ma appartenevano piuttosto a una ristretta cerchia di
intellettuali legati a famiglie patrizie che prediligevano ritratti e
opere di piccolo formato con soggetti spesso criptici.
Le eccezioni "pubbliche" furono solamente due: un telero per la Sala
delle udienze in Palazzo Ducale, perduto, e la decorazione a fresco
della facciata del nuovo Fondaco dei Tedeschi, di cui rimane solo
un'Ignuda molto rovinata, ora alle Galleria Franchetti di Venezia.
La Pala di Castelfranco
La Pala di Castelfranco, 1502 circa
Al 1502 circa risale una delle poche opere certe di Giorgione, la Pala
di Castelfranco, commissionata dal cavaliere Tuzio Costanzo per la
cappella di famiglia nel Duomo di Santa Maria Assunta e Liberale a
Castelfranco Veneto.
Il dipinto è impostato come un'altissima piramide, con al vertice la
testa della Vergine in trono e alla base i due santi che si trovano in
basso davanti ad un parapetto: a destra Francesco (ripreso dalla Pala di
San Giobbe di Giovanni Bellini) e a sinistra Nicasio, quest'ultimo
identificabile dall'insegna dei cavalieri di Malta: entrambi rivolgono
il loro sguardo all'ipotetico osservatore, facendo da tramite tra il
mondo reale e quello divino.
L'artista abbandonò, rispetto ai modelli lagunari, il tradizionale
sfondo architettonico, impostando un'originale partizione: una metà
terrena inferiore, con il pavimento a scacchi in prospettiva e un
parapetto liscio di colore rosso come fondale, e una metà celeste
superiore, con un paesaggio ampio e profondo, formato da campagne e
colline e popolato a destra da due minuscole figure armate (allusione al
tema della guerra e della pace) e a sinistra da un villaggio turrito in
rovina. La continuità è però garantita dall'uso perfetto della luce
atmosferica, che unifica con toni morbidi e avvolgenti i vari piani e le
figure, pur nelle differenze dei vari materiali: dalla lucidità
dell'armatura di san Nicasio, alla morbidezza dei panni della Vergine.
Stilisticamente la pala è costruita attraverso un evidente tonalismo,
dato dalla progressiva sovrapposizione di velature a strati colorati,
che rendono il chiaroscuro morbido e avvolgente.
Giorgione e Leonardo
Ragazzo con la freccia
Fu Vasari il primo a sottolineare il rapporto tra lo stile di Leonardo
da Vinci e la "maniera" di Giorgione. Il pittore fiorentino, fugacemente
a Venezia nel marzo del 1500, era conosciuto soprattutto attraverso il
lavoro in laguna dei Leonardeschi, quali Andrea Solario, Giovanni
Agostino da Lodi e Francesco Napoletano.
In opere come il Ragazzo con la freccia, le Tre età dell'uomo o il
Ritratto di giovane di Budapest si notano un approfondimento psicologico
e una maggiore sensibilità verso gli effetti luminosi derivati da
Leonardo.
La Maniera Moderna
Non è improbabile che Giorgione all'inizio del Cinquecento frequentasse
la corte asolana di Caterina Cornaro, regina detronizzata di Cipro, che
aveva radunato attorno a sé un esclusivo circolo di intellettuali.
Alle vicende di corte appaiono legate opere quali il Doppio ritratto,
che alcuni hanno legato alle discussioni sull'amore degli Asolani di
Pietro Bembo, e il Ritratto di guerriero con scudiero degli Uffizi,
opere che tuttavia sono state a più riprese espunte o riassegnate al
catalogo giorgionesco.
Dalla nota lettera dell'agente di Isabella d'Este del 1510, si apprende
che possedevano opere del pittore il nobiluomo Taddeo Contarini e il
cittadino Vittorio Bechario e che per niente al mondo se ne sarebbero
separati, poiché commissionate personalmente secondo il proprio gusto
personale. Da tale vicenda si desume come le opere di Giorgione fossero
rare e ambite e come i committenti prendessero parte alla scelta dei
soggetti. Un elenco di opere di Giorgione, coi rispettivi proprietari
padovani e veneziani, si trova anche nella redazione di Marcantonio
Michiel, pubblicata tra il 1525 e il 1543.
Tre filosofi
In quegli anni Giorgione si dedicò a temi come il paragone delle arti, a
proposito del quale restano opere di suoi allievi ispirati a suoi
originali perduti, e il paesaggio. Su quest'ultimo tema sono riferite
alcune opere di dubbia attribuzione, probabilmente relative ad artisti
del suo ambito, quali i "Paesetti" (Musei Civici di Padova, e National
Gallery of Art e Phillips Collection di Washington)[10], ma soprattutto
alcuni capolavori indiscussi come il Tramonto e la celeberrima Tempesta.
Si tratta di opere dal significato sfuggente, in cui i personaggi sono
ridotti a figurette in un paesaggio arcadico, denso di valori
atmosferici e luminosi legati all'ora del giorno e alle condizioni
meteorologiche. Queste opere mostrano influssi della nuova sensibilità
della scuola danubiana, ma se ne discostano anche, dando
un'interpretazione meno inquieta, più equilibratamente italiana. Al
1505 circa risale anche la tela dei cosiddetti Tre filosofi, dai
complessi significati allegorici non ancora pienamente spiegati. La
difficoltà interpretativa è legata alle complesse richieste dei
committenti, ricchi e raffinati, che volevano opere misteriose, piene di
simbologie. Le figure sono costruite per colori e masse, non linee; i
colori contrastanti separano le figure dallo sfondo, creando un senso di
scansione spaziale.
Bisogna aspettare il 1506 per trovare il primo e unico autografo,
datato, di Giorgione: il ritratto di giovane donna detta Laura,
conservato al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Vicino
stilisticamente è il ritratto di Vecchia.
Il Fondaco dei Tedeschi
La Nuda
Nella notte tra il 27 e il 28 gennaio 1505 andò a fuoco il duecentesco
edificio del Fondaco dei Tedeschi a Venezia, la sede commerciale della
nazione tedesca a Venezia. Il Senato veneziano approvò in meno di cinque
mesi un nuovo progetto per un edificio più grande e monumentale, che
venne edificato entro il 1508. In quell'anno una contesa su un pagamento
dimostra che a quell'epoca dovevano essere conclusi gli affreschi sulle
pareti esterne, affidati a Giorgione ed al suo giovane allievo
Tiziano: si tratta della seconda e ultima data verificabile nel
catalogo giorgionesco.
Una apposita commissione, formata da Carpaccio, Lazzaro Bastiani e
Vittore di Matteo decide di pagare Giorgione 130 ducati e non 150 come
pattuito.
Vasari vide gli affreschi nel loro splendore e, pur senza riuscire a
decifrarne il significato, li lodò molto per le proporzioni e il
colorito "vivacissimo", che li facevano sembrare "tratte al segno delle
cose vive, e non a imitazione nessuna della maniera". Danneggiati dagli
agenti atmosferici, dal clima umido e dal salmastro della laguna, nel
XIX secolo gli affreschi vennero infine staccati e musealizzati, tra la
Ca' d'Oro e la Galleria dell'Accademia. In quest'ultimo museo si trova
la Nuda di Giorgione, dove nonostante il pessimo stato conservativo si
può ancora apprezzare nella figura lo studio sulla proporzione ideale,
un tema allora molto in voga, ispirato alla statuaria classica e
trattato in pittura in quegli stessi anni anche da Dürer. Inoltre è
ancora percepibile la vivacità cromatica, che dava alla figura quel
tepore delle carni come se fossero vive.
A quel periodo sono attribuite alcuna delle migliori prove come colorista, quali il Ritratto d'uomo Terris.
La Venere dormiente
Venere di Dresda
Nel 1508 circa realizzò la Venere dormiente per Girolamo Marcello, un
olio su tela dove la dea è colta mentre dorme rilassata su un prato,
inconsapevole della sua bellezza. È probabile che sul dipinto vi sia
stato un intervento di Tiziano che, ancora giovane, avrebbe realizzato
il paesaggio sullo sfondo e un cupido tra le gambe della Venere..
Durante un restauro del 1800 il cupido fu cancellato, viste le sue
pessime condizioni ed ora è visibile solo tramite radiografia. Secondo
una sua testimonianza, Marcantonio Michiel, nel 1522 in casa di Girolamo
Marcello ebbe modo di vedere una Venere nuda con un puttino che "fo de
mano di Zorzo de Castelfranco, ma lo paese et Cupidine forono finiti da
Titano".
Attualmente l'opera si trova a Dresda presso la Gemaldegalerie, lo
stesso tema (la rappresentazione di Venere) sarà ripreso più volte da
Tiziano ed è soprattutto nella posa della Venere di Urbino, datata 1538,
che si nota una forte analogia con quella giorgionesca.
Ultima fase
L'ultima fase della produzione del pittore mostra opere sempre più
criptiche, caratterizzate da un approccio ormai sempre più libero sulla
tela, senza disegno preparatorio e con invenzioni abbozzate direttamente
sulla tela col colore, dalle tonalità fiammeggianti. L'impasto delle
ultime tele di Giorgione, tra cui il discusso Cristo portacroce, il
Concerto, il Cantore e il Suonatore di flauto, venne descritto dal
grande storico dell'arte Roberto Longhi come "un misterioso tessuto" che
fonde le carni dei protagonisti con gli oggetti della composizione.
Morte
Nel 1510 infuriava la peste a Venezia e forse Giorgione morì durante
questa epidemia, poco più che trentenne. Secondo Vasari egli era stato
contagiato dalla sua amante spirata nel 1511, ma questa dev'essere
un'inesattezza poiché già nel 1510 una lettera inviata alla marchesa di
Mantova Isabella d'Este da parte del suo agente Taddeo Albano a Venezia
ricordava il pittore come da poco spirato. La marchesa avrebbe voluto
infatti commissionargli un'opera per il suo studiolo, ma dovette
"ripiegare" su Lorenzo Costa.
Giorgione e i maggiori allievi
Giorgione o Tiziano, Concerto campestre
Secondo le parole di Vasari, la precoce scomparsa di Giorgione fu in
parte resa meno amara dall'aver lasciato due eccezionali "creati", quali
Tiziano e Sebastiano del Piombo.
Il primo iniziò la sua collaborazione con Giorgione all'epoca degli
affreschi del Fondaco dei Tedeschi, verso il 1508, ed il suo primo stile
si avvicinava talmente a quello del maestro che dopo la sua morte venne
affidato a Tiziano il completamento delle opere incompiute e un esatto
confine attributivo tra l'uno e l'altro è oggi una delle questioni più
dibattute dell'arte veneta del XVI secolo.
I due, che condivisero anche la committenza elitaria, i soggetti, le
tematiche, le pose e i tagli compositivi, si differenziano per una
maggiore audacia nell'opera del giovane Tiziano, con piani di colore più
intensi e un contrasto tra luce e ombra più deciso. Nei ritratti
Tiziano si ispirò sì al maestro, ma ingrandì la scala delle figure e
amplificò il senso di vitale partecipazione, in contrasto con la
sognante contemplazione giorgionesca. Tra le opere di attribuzione
contesa tra i due il Concerto campestre del Louvre e il Gentiluomo con
un libro della National Gallery di Washington.
Anche Sebastiano del Piombo completò alcune delle opere lasciate
incompiute dal maestro, come i Tre filosofi. Da Giorgione fra'
Sebastiano mutuò le composizioni delle opere, ma fin quasi dall'inizio
si distinse per una plasticità più robusta, che si manifestò poi appieno
nelle sue opere mature, legata però sempre a un "modo di colorire assai
morbido". Tra le opere contese tra i due la Sacra conversazione delle
Gallerie dell'Accademia di Venezia.
Giorgionismo
Giorgione, a differenza di altri suoi colleghi, non aveva una vera e
propria bottega, dove istruiva gli apprendisti affidando loro le parti
più meccaniche dell'esecuzione dei dipinti, forse a causa della
particolare committenza del pittore, che gli chiedeva prevalentemente
opere di piccolo formato e di grande qualità.
Nonostante ciò il suo stile ebbe un'immediata risonanza che gli garantì
una veloce diffusione nell'area veneta, anche senza un gruppo di
collaboratori diretti che avessero lavorato al suo seguito, come avvenne
ad esempio con Raffaello. Aderirono al suo gusto una schiera di pittori
anonimi e alcuni pittori che in seguito ebbero una sfolgorante
carriera.
I "giorgioneschi" caratterizzarono le loro opere col colore che ricrea
effetti atmosferici e tonali, con iconografie derivate dalle sue opere,
soprattutto destinate ad opere di piccolo e medio formato per il
collezionismo privato. Tra i temi giorgioneschi ebbero particolare
fortuna il ritratto, individuale o di gruppo, con un approfondito
interesse psicologico, e il paesaggio che, sebbene non fosse ancora
considerato degno di un genere indipendente, acquisiva ormai un risalto
fondamentale in sintonia con le figure umane.
Lo stesso Giovanni Bellini, il maggiore maestro attivo a Venezia in quel
periodo, rielaborò stimoli giorgioneschi nella sua ultima produzione.
Tra i più importanti maestri che ne subirono l'influenza, soprattutto in
fase formativa, oltre a quelli già citati ci furono Dosso Dossi, Gian
Girolamo Savoldo, Girolamo Romanino, Giovanni Cariani, il Pordenone e
Paris Bordon.
Laura (1506)
Le poche notizie note su Giorgione provengono dalle Notizie dei pittori
redatte tra il 1525 e il 1543 da Marcantonio Michiel, ma pubblicate solo
nel 1800, e dalle Vite del Vasari. Il Michiel aveva una predilezione
per Giorgione tra gli artisti veneziani, così come ne tessé le lodi
Pietro Aretino, grande estimatore del colorismo. Vasari invece era di
orientamento opposto, appassionato promotore del "primato del disegno"
fiorentino, però riconobbe a Giorgione il ruolo di maestro tra gli
artefici della "Maniera moderna", fornendo importanti notizie sul suo
conto, sebbene a volte contraddittorie.
Anche nel Dialogo sulla pittura (1548) di Paolo Pino Giorgione è
menzionato tra i massimi pittori della sua epoca, all'interno di un
tentativo di mediazione tra scuola toscana e scuola veneta. Pure
Baldassarre Castiglione, nel Cortegiano, elogiò Giorgione tra i pittori
"eccellentissimi" della sua epoca, assieme a Leonardo, Michelangelo,
Andrea Mantegna e Raffaello.
Nel XVII secolo le opere di Giorgione vennero riprodotte e imitate da
Pietro Vecchia, che spesso tramandò le forme di lavori poi perduti. Tra i
grandi estimatori della sua arte ci fu soprattutto l'arciduca Leopoldo
Guglielmo d'Austria, che arrivò a collezionare ben tredici sue opere,
oggi in larga parte al Kunsthistorisches
Museum di Vienna.
Nel XVIII secolo, quando Anton Maria Zanetti riproduceva con incisioni
gli affreschi del Fondaco dei Tedeschi, studiosi e letterati
prediligevano nell'arte del pittore di Castelfranco il lato pastorale,
così in sintonia coi temi arcadici del'epoca. Aspetti del genere vennero
approfonditi anche nel XIX secolo, quando si accentuarono soprattutto i
contenuti emozionali delle sue opere.
Opere
Adorazione dei pastori Allendale
Tre età dell'uomo
Tramonto
Ritratto di vecchia
Le scarse testimonianze sulla sua vita e la mancanza di autografi
rendono difficile anche l'attribuzione delle sue opere, a tutt'oggi in
discussione. Soltanto una dozzina di opere possono essergli attribuite
con assoluta certezza.
Fregio delle arti liberali e meccaniche, 1496-1500 circa, affresco, 77 ×
1588 cm, Castelfranco Veneto, Museo casa Giorgione (attribuzione
incerta)
Sacra conversazione, 1496-1500 circa, olio su tavola, 51 × 81 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia (attribuzione incerta)
Madonna col Bambino in un paesaggio, 1498-1500 circa, olio su tela, 44 ×
36,5 cm, San Pietroburgo, Ermitage (attribuzione incerta)
Sacra Famiglia Benson, 1500 circa, olio su tavola, 37,3 × 45,5 cm, Washington, National Gallery (attribuzione pressoché certa)
Adorazione dei pastori, 1500 circa, olio su tavola, 91 × 115 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum (attribuzione incerta)
Ritratto di giovane, 1500 circa, olio su tela, 73 × 54 cm, Budapest,
Szépmûvészeti Múzeum (attribuzione incerta, forse copia da Giorgione)
Ragazzo con la freccia, 1500 circa, olio su tavola di pioppo, 48 × 42
cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum (attribuzione incerta)
Tre età dell'uomo, olio su tela, 62 × 78 cm, 1500-1502, Firenze, Galleria Palatina (attribuzione incerta)
Ritratto di arciere, 1500-1502 circa, olio su tela, 53,5 × 41,5 cm,
Edimburgo, National Gallery of Scotland (attribuzione incerta)
Adorazione dei pastori Allendale, 1500-1505 circa, olio su tavola, 91 ×
111 cm, Washington, National Gallery (attribuzione pressoché certa)
Pala di Castelfranco, 1502 circa, olio su tavola, 200 × 152 cm, Castelfranco Veneto, Duomo (attribuzione certa)
Doppio ritratto, 1502 circa, olio su tela, 80 × 67,5 cm, Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia (attribuzione incerta)
Ritratto di Francesco Maria Della Rovere, 1502 circa, olio su tavola, 73
× 64 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum (attribuzione incerta)
Prova di Mosè, 1502-1505 circa, olio su tela, 89 × 72 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi (attribuzione incerta)
Giudizio di Salomone, 1502-1505 circa, olio su tela, 89 × 72 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi (attribuzione incerta)
Ritratto di guerriero con scudiero, 1502-1510 circa, olio su tela, 90 ×
73 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi (attribuzione incerta)
Ritratto Giustiniani, 1503-1504 circa, olio su tela, 58 × 46 cm, Berlino, Gemäldegalerie (attribuzione pressoché certa)
Giuditta con la testa di Oloferne, 1504 circa, olio su tavola, 144 × 66,5 cm, San Pietroburgo, Ermitage (attribuzione certa)
Tre filosofi, 1504-1505 circa, olio su tela, 123,5 × 144,5 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum (attribuzione certa, con aiuti)
Madonna leggente, 1505 circa, olio su tela, 76 × 60 cm, Oxford, Ashmolean Museum (attribuzione pressoché certa)
Adorazione dei Magi, 1505 circa, olio su tavola, 29 × 81 cm, Londra, National Gallery (attribuzione incerta)
Omaggio a un poeta, 1505 circa, olio su tela, 59,7 × 48,9 cm, Londra, National Gallery (attribuzione incerta)
Giovanni Borgherini col maestro-astrologo, 1505 circa, olio su tela, 47 ×
60,7 cm, Washington, National Gallery (attribuzione incerta)
Tempesta, 1505-1508 circa, olio su tela, 82 × 73 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia (attribuzione certa)
Tramonto, 1505-1508 circa, olio su tela, 73,3 × 91,5 cm, Londra, National Gallery (attribuzione incerta, con ridipinture)
Ritratto d'uomo in armi, 1505-1510 circa, olio su tela, 72 × 56,5 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum (attribuzione incerta)
Laura, 1506, olio su tela, 41 × 33,6 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum (attribuzione certa, firmata)
Ritratto di vecchia, 1506 circa, olio su tela, 68 × 59 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia (attribuzione certa)
Venere dormiente, 1507-1510 circa, olio su tela, 108 × 175 cm, Dresda,
Gemäldegalerie (attribuzione certa, con ridipinture di Tiziano nel
1511-1512)
Nuda, 1508 circa, affresco staccato dal Fondaco dei Tedeschi, 250 × 140
cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia (attribuzione certa)
Sansone deriso (Concerto), 1508 circa, olio su tela, 86 × 70 cm, Milano, collezione Mattioli (attribuzione incerta)
Cristo portacroce, 1508-1509 circa, olio su tela, 71 × 91 cm, Venezia, Scuola Grande di San Rocco (attribuzione incerta)
Cantore appassionato, 1508-1510 circa, olio su tela, 102 × 78 cm, Roma, Galleria Borghese (attribuzione incerta)
Suonatore di flauto, 1508-1510 circa, olio su tela, 102 × 78 cm, Roma, Galleria Borghese (attribuzione incerta)
Ritratto d'uomo Terris, 1508-1510 circa, San Diego, San Diego Museum of Art (attribuzione pressoché certa)
Garzone con flauto, 1508-1510 circa, olio su tavola, 61 × 51 cm, Londra,
Hampton Court, collezione reale inglese (attribuzione incerta)
Autoritratto come David, 1509-1510 circa, olio su tavola, 52 × 43 cm,
Braunschweig, Herzog Anton Ulrich Museum (attribuzione incerta)
Autoritratto, olio su carta riportata su tavola, 31 × 28 cm, 1510 circa, Budapest, Museo di belle arti (attribuzione incerta)
Ritratto di antiquario, 1509-1510 circa, olio su tela, 75 × 66, Londra, collezione Lansdowne (attribuzione incerta)
Trio di Detroit, 1509-1510 circa, olio su tela, 84 × 69 cm, Detroit, Institute of Arts (attribuzione incerta, con aiuti)
Cristo morto sorretto da un angelo, 1509-1510 circa, olio su tela, 76 ×
63 cm, New York, collezione privata (attribuzione incerta)
Concerto campestre, 1510 circa, olio su tela, 110 × 138 cm, Parigi, Museo del Louvre (attribuzione incerta, contesa con Tiziano)
Gentiluomo con un libro, 1510 circa, olio su tela, 76,2 × 63,5 cm,
Washington, National Gallery of Art (attribuzione incerta, contesa con
Tiziano)
Apollo e Dafne, 1510 circa, olio su tavola, 64 × 130 cm, Venezia, Pinacoteca Manfrediana (attribuzione incerta)
Attribuzioni dubbie, opere di bottega o di seguaci [modifica]
Idillio campestre, 1500 circa, olio su tavola, 12 × 19 cm, Padova, Musei civici agli Eremitani
Leda e il cigno, 1500 circa, olio su tela, 12 × 19 cm, Padova, Musei civici agli Eremitani
Astrologo (Orfeo e il Tempo), 1500 circa, olio su tela, 12 × 19 cm, Washington, Phillips Collection
Paesetto con figure, 1500 circa, olio su tela, 12 × 19 cm, Washington, National Gallery of Art
Elia nel deserto, 1501-1502 circa, sanguigna su carta, 20,3 × 29 cm, Rotterdam, Museo Boijmans Van Beuningen
Madonna col Bambino fra due santi, 1508-1510 circa, 92 × 133 cm, Madrid, Prado
Cavaliere di Malta, 80 × 64 cm, Firenze, Uffizi (attribuito a Tiziano)
Concerto, 108 × 122 cm, Firenze, Galleria Palatina
Cristo e l'adultera, 137 × 180 cm, Glasgow, Corporation Galleries
Concerto, 76 × 99 cm, Hampton Court, collezioni reali inglesi
David e Giuditta, affresco, 100 × 162 cm, Montagnana, Duomo (del Marescalco, già riferito a Giorgione)
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